La questione Ucraina
di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - lunedì 13 dicembre 2021 ore 07:30
Nell’immaginario collettivo c’era una volta un “telefono rosso”, che avrebbe potuto salvare il mondo dalla catastrofe. Ad un estremo la cornetta sul tavolo dell’ufficio Ovale della Casa Bianca, all’altro capo del filo il palazzo del Cremlino. Il senso di quella linea telefonica, in realtà si trattava di una telescrivente, era avere una comunicazione diretta e rapida in situazioni potenzialmente degeneranti, politicamente e militarmente.
La scelta di un sistema di comunicazione scritta invece che orale non era causale, non si voleva lasciar spazio a facili e pericolosi fraintendimenti. Questo modo di fare diplomazia si era reso necessario in seguito alla crisi dei missili cubani (1962), quando le due superpotenze USA e URSS avevano assunto un atteggiamento che sembrava indirizzato al peggio: la guerra atomica.
Nel 2021 dell’era della pandemia i leader di Russia e USA possono confrontarsi vis a vis in modalità virtuale con un semplice click del computer, come è accaduto per il vertice di due ore che hanno avuto sulla questione Ucraina. Dossier bollente dei giorni nostri dall’esito quanto mai incerto. Durante la videochiamata in remoto Biden ha presentato le sue rimostranze, avvertendo la controparte che in caso di una invasione dell’Ucraina ci sarebbe stata una immediata risposta, proporzionata sia sul piano delle sanzioni economiche che su quello della sicurezza.
Dalla minaccia espressa da Biden alla paura di Putin. Che da settimane ammassa truppe lungo il confine dell’ex stato satellite, uscito dall’orbita d’influenza e diventato una dolorosa spina nel fianco. Lo zar, appena rientrato dalla visita ai suoi soldati sul fronte del Donbass, ha ovviamente negato l’intenzione di voler conquistare Kiev e ha chiesto invece garanzie sull’espansione (o accerchiamento) della NATO negli stati limitrofi. Per non finire nello stallo, al termine del colloquio, è stato deciso di istituire un tavolo di lavoro congiunto, attivando consultazioni “concrete e sostanziali” per dirimere situazioni “sensibili” e, non solo il caso ucraino.
L’obiettivo dichiarato da entrambi è evitare il ritorno agli schieramenti e relativi meccanismi tipici della Guerra Fredda. I tempi sono tuttavia cambiati, oggi l’ago della bilancia dell’Europa propende vistosamente a favore degli USA. Con l’amministrazione Biden che ha saputo ricucire gli strappi precedentemente provocati da Trump. Rinvigorendo una partnership che sembrava indirizzata sul viale del tramonto, relegata ad aspetto secondario delle priorità geopolitiche statunitensi.
La voce grossa, metaforicamente, di Biden all’ex spia del KGB è l’insieme delle reazioni di Italia, Francia e Berlino. In particolare la Germania, che Biden ha voluto schierata apertamente dalla sua parte. In questo momento di passaggio di consegne l’allievo di Carter e numero due di Obama ha sondato sia la Merkel che Scholtz, ricevendo la conferma della sospensione del gasdotto Nord Stream 2, in caso di esplosione del conflitto. Nota che deve essere stata molto persuasiva nei confronti di Putin.
Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi