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sabato 08 novembre 2025

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

Arrostire il pianeta: le grandi emissioni della carne e dei latticini

di Adolfo Santoro - sabato 08 novembre 2025 ore 08:00

Il fatto che la COP 30 si tenga in Amazzonia rende centrale il tema Foreste e biodiversità e quindi ilruolo del Brasile nella conservazione come serbatoio di carbonio: il Brasile di Lula spinge per un’iniziativa Tropical Forests Forever Facility e spera in un meccanismo di pagamento per la conservazione (tipo forest credits multilaterali). Il Brasile del governo di destra di Bolsonaro aveva fatto invece una strage di alberi: in quattro anni venivano persi 6,6 milioni di ettari di vegetazione con una media di 21 alberi abbattuti ad ogni secondo, sostituiti da allevamenti e agricoltura; il Brasile è diventato così il 1° esportatore mondiale di carne bovina (un quarto del commercio globale), il 2° di pollame, il 4° di carne suina, il 1° di soia (utilizzata nel mangime degli animali). L’industria alimentare mondiale di carni e latticini genera 1 miliardo di tonnellate di emissioni di gas serra, più di quante ne produca l’Arabia Saudita, ed è stata responsabile di più emissioni di metano di quelle generate da tutti i Paesi di Unione Europea e Regno Unito nel solo 2023; l’allevamento intensivo globale è responsabile del 12-19% delle emissioni totali di gas serra causate dall’uomo e, nella produzione di proteine, consuma molta più acqua e suolo: è 2,4-33 volte più costoso rispetto alla produzione di proteine vegetali. Ma è soprattutto l’allevamento di bovini a primeggiare: inquina più di cento volte rispetto alla produzione di legumi, mentre l’allevamento di polli inquina più di sette volte. I paesi ad alto e medio-alto reddito producono l’83% di carne e ne consumano il 77% contro il 2% della produzione/consumo di carne dei paesi a basso reddito. Negli Stati Uniti, secondo il Sentience Institute, il 99% degli animali da allevamento proviene da allevamenti intensivi, mentre in Italia le cinque maggiori aziende produttrici di carni e latticini sono il gruppo Cremonini, La Pellegrina, Tre Valli, Granarolo e Galbani.

Diverse realtà ecologiste, compresa Greenpeace, hanno realizzato il Rapporto Roasting the Planet: Big Meat and Dairy’s Big Emissions (Arrostire il pianeta: le grandi emissioni della carne e dei latticini), che considera le emissioni di gas serra di 45 aziende di carne e latticini (tra cui il colosso della carne brasiliano JBS) e afferma che, se tutte le aziende considerate nello studio fossero un Paese, rappresenterebbero la nona nazione al mondo per emissioni di gas serra. Il Rapporto sottolinea che tre quarti delle emissioni di gas serra stimate provengono da sole 15 delle 45 aziende prese in esame con l’80% delle emissioni totali proveniente dai bovini, l’11% dai suini e il 9% dai polli. Al 20° posto della classifica dell’inquinamento delle 45 aziende c’è l’italiana Cremonini con marchi come Montana e Manzotin. Tra i gas climalteranti il più dannoso è il metano che era il 51% delle emissioni di gas serra causate dalle 45 grandi aziende, mentre il 34% era CO2 e il 15% protossido di azoto. A livello globale la zootecnia è responsabile del 31% delle emissioni di metano di origine antropica. Poiché il metano è un gas serra con vita più breve ma più potente della CO2, la riduzione delle emissioni di metano rallenterebbe rapidamente il tasso di riscaldamento globale: la Valutazione Globale del Metano dell’ONU rileva che una riduzione del 45% delle emissioni globali di metano entro il 2030 è fattibile ed eviterebbe un riscaldamento globale di oltre 0,3°C. L’aumento massiccio del numero di capi di bestiame tra il 1890 e il 2014 ha portato a un aumento del 332% delle emissioni di metano dai ruminanti e si prevede che, senza interventi politici, il metano da bestiame aumenterà, entro il 2050 rispetto al 2015, di un ulteriore 30% con un ulteriore riscaldamento di 0,32°C. I bovini generano il 60% di metano tra le loro emissioni, mentre i suini ne generano il 38% (contro il 46% di CO2 e il 17% di protossido di azoto) e il pollame genera l’81% di CO2.

Le cause di queste emissioni sono rappresentate dalla

- fermentazione enterica (42%): emissioni di metano prodotte dai ruminanti che ruttano (e, in misura minore, scoreggiano) a seguito della digestione di erba e altri mangimi;

- produzione di mangimi, comprese le emissioni di fertilizzanti sintetici e letame (20%): la produzione, la lavorazione e la distribuzione di mangimi generano emissioni, in particolare a causa dei fertilizzanti utilizzati per la coltivazione di cereali e di erba per l’alimentazione animale. Sia i fertilizzanti sintetici che il letame causano emissioni del potente gas serra protossido di azoto quando applicati in modo errato o eccessivo al suolo. Inoltre, il processo di produzione di fertilizzanti e pesticidi sintetici utilizza combustibili fossili sia come materie prime chimiche che come fonte di energia durante il processo di produzione, producendo anidride carbonica; le elevate concentrazioni di letame inquinano suolo, aria e acqua; ci sono scarso benessere degli animali e rischi di pandemia dovuti alla rapida diffusione di malattie animali; l’eccessivo uso di antibiotici causa la crescita della resistenza agli antibiotici;

- gestione del letame (15%): il letame del bestiame, in particolare quando viene immagazzinato in grandi cumuli o smaltito in lagune, produce metano durante la decomposizione anaerobica (in assenza di ossigeno) e protossido di azoto; ciò si verifica in particolare quando un gran numero di animali viene allevato in un’area confinata, come un allevamento intensivo, in particolare bovini da carne, mucche da latte e suini;

- cambiamento di uso del suolo (10%, di cui il 9% dovuto all'espansione del pascolo e il resto alla soia): la produzione di carne, acquacoltura, uova e latticini utilizza già l’83% dei terreni agricoli mondiali, nonostante fornisca solo il 37% di proteine e il 18% di calorie per il consumo umano a livello globale; ciò rende l’allevamento un fattore trainante del cambiamento dell’uso del suolo, dove la natura viene convertita in produzione agricola: circa il 41% della deforestazione tropicale globale è causato dall’espansione dei pascoli per la produzione di bovini, mentre un ulteriore 7% è causato dalla produzione di soia, principalmente per l’alimentazione animale; oltre a queste emissioni derivanti dal cambiamento diretto dell’uso del suolo, l’allevamento utilizza considerevoli quantità di terreno che potrebbero essere utilizzate in alternativa per il ripristino della natura al fine di sequestrare il carbonio e ripristinare la biodiversità; questi cosiddetti costi opportunità non sono stati considerati nelle stime delle emissioni contenute nel Rapporto, ma quasi un quarto degli attuali pascoli globali è stato convertito da foreste precedentemente autoctone: si stima che il 63% dei terreni coltivati in Europa sia utilizzato per la coltivazione di mangimi per animali;

NOTA BENE L’Amazzonia è soffocata dai roghi appiccati per far spazio ai pascoli: secondo Greenpeace International dentro e intorno all’Amazzonia si respira aria contaminata da livelli di particelle tossiche superiori a quelli di molte megalopoli mondiali; la quasi totalità degli incendi nell’Amazzonia brasiliana, inoltre, è causata da attività umane e concentrata in aree soggette a sfruttamento agricolo; secondo MapBiomas, il pascolo rappresenta oltre il 90% di tutte le aree deforestate dell’Amazzonia brasiliana e, nonostante la legge brasiliana vieti severamente la combustione non autorizzata a fini di deforestazione, gli incendi sono appiccati intenzionalmente per liberare terreni forestali e destinarli al pascolo liberando nell’aria particolato, ossidi di azoto, CO, idrocarburi policiclici aromatici e composti organici volatili come il cancerogeno benzene; ne consegue il netto aumento di malattie cardiorespiratorie in Amazzonia.

NOTA BENE La soia è diventato un’arma commerciale nelle mani della Cina, che ha compensato le diminuzioni delle importazioni di soia dagli USA acquistandola dal Sud America (Cina e Argentina) e causando malumori tra i produttori USA. La soia viene coltivata perlopiù in monocolture che degradano il suolo e distruggono la biodiversità richiedendo grandi quantità di pesticidi e fertilizzanti, con effetti sulla salute delle persone: la coltivazione di soia è la seconda causa di distruzione delle Foreste dell’Amazzonia e comunità indigene e piccoli agricoltori sono stati costretti ad abbandonare le loro terre. La maggior parte della soia coltivata nel mondo è, inoltre, Ogm, ottenuta da semi modificati per essere più resistenti a insetti ed erbicidi; quasi tutta la soia argentina è Ogm, quella degli USA lo è per il 90%, in quella del Brasile lo è per il 70%; in Europa è vietato coltivare la soia Ogm, ma la si può importare e l’80% di quella utilizzata è importata, per cui carne, uova e latte dei supermercati possono arrivare da animali nutriti con mangimi contenenti Ogm;

- emissioni post-allevamento (9%): comprendono le emissioni causate dalla lavorazione e dal trasporto di carne e latticini;

- energia diretta e indiretta (4%).

Oltre all’azione sui combustibili fossili, pertanto, la riduzione delle emissioni del bestiame è essenziale per limitare il riscaldamento globale. Nessuna delle 45 grandi aziende di carne e latticini considerate dal rapporto sembra avere piani espliciti per ridurre il numero di capi di bestiame. La sovraproduzione insostenibile dipende però, oltre che dalle multinazionali, anche dalla consapevolezza dei consumatori, che scelgano di consumare, ad esempio, legumi invece di carne. L’industria della carne e dei latticini, come avvenne nel caso del rapporto tra consumo di sigarette e cancro, si sta attivamente opponendo al cambiamento di dieta delle popolazioni, ad esempio orchestrando campagne a favore del consumo di carne e latticini, come il Dublin Declaration of Scientists on the Societal Role of Livestock e promuovendo false soluzioni, come il biogas e l’uso di indicatori che mascherano l’impatto del metano sul riscaldamento globale.

La crescita economica ufficiale ha un costo derivante dalla distruzione del capitale naturale. Se questo costo non è contabilizzata nelle analisi costi-benefici, allora l’economia mostra i benefici, ma nasconde i costi e, così facendo, si rivela una truffa, perché, alla fine, i costi superano i benefici. In linea con le stime dell’ONU, secondo cui le emissioni globali di metano devono diminuire del 45% entro il 2030, il Report fa alcune proposte, tra cui

a) dati obbligatori sulla produzione e sulle emissioni aziendali,

b) obiettivi separati per la riduzione del metano,

c) riduzione della sovrapproduzione e del consumo eccessivo di carne e latticini,

d) spostamento dei fondi pubblici dall’agricoltura intensiva verso modelli agroecologici

All’interno di questo tragico panorama la cultura italiota si è distinta per un’iniziativa grottesca: in una scuola piemontese era stato prodotto Diario Amico, uno strumento inclusivo per favorire l’apprendimento scolastico di bambini e ragazzi affetti da autismo; all’interno del Diario c’era il disegno di una bambina con le mucche in sciopero che ha fatto infuriare gli allevatori e la questione è finita in Parlamento. Nel disegno incriminato una mucca regge un cartello con scritto non sfruttateci, mentre attorno a lei altre mucche reggono cartelli con scritto W i vegetali, W la frutta, No allevamenti intensivi. A corredo del disegno c’era anche un gatto blogger che intervista alcuni animali della fattoria e del bosco: Mi fanno partorire per poi sfruttarmi e mettere il latte in vendita. È veramente brutto, da tutti quei soldi che ricavano io ci guadagno solo del cibo. Sono davvero dei ladri. Io sono stufa. Nel racconto un gufo spiega che quegli ignorantoni cafoni degli umani dovrebbero produrre meno latticini, così che le mucche possano riposarsi di più, e bere più latte vegetale. C’è infine un lupo che dichiara: Sto facendo una dieta vegetale.

C’è allora ancora speranza che la prossima generazione vada al di là della generazione precedente!

Adolfo Santoro

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