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lunedì 08 dicembre 2025

STORIE VISPE MA NON TROPPO DISTRATTE — il Blog di Dario Dal Canto

Dario  Dal Canto

Laureato in ingegneria viaggia spesso su treni e aerei per motivi di lavoro, entrando così in contatto con un ampio ventaglio di umanità. Durante i lunghi tragitti e nelle soste in sale di attesa, disegna con le parole i profili di alcuni personaggi e le situazioni che la sua naturale curiosità estrae dai contesti. La passione per l’osservazione della vita intorno, si mantiene anche nel quotidiano e nella forte passione per il ciclismo, che segue come direttore sportivo di una storica società toscana. Parlando di sé, afferma: “Nella mia vita, come nei miei capelli, non ci ho ancora capito nulla. Per questo sul braccio ho tatuato il cubo di Rubik (scomposto), perché, come a lui … non mi si trova il verso.”

Frecciarossa Nudità

di Dario Dal Canto - lunedì 08 dicembre 2025 ore 08:00

Viaggiare è una cosa meravigliosa, soprattutto quando si trasforma in una mezza avventura. Capita di andare dall’altra parte del Mondo, ma le cose più inaspettate succedono quando si sta già respirando l’aria di casa.

Domenica mattina, Frecciarossa lanciato a velocità di crociera tra Milano e Bologna, dopo tante ore su aerei e taxi, stanco e con la voglia di arrivare a casa e mangiare un un po' di pasta dopo una quindicina di giorni trascorsi con solo riso, in bianco. Per inciso, in estremo oriente, dove si mangia con le bacchette, il riso non è come ce lo aspetteremmo, a chicchi ben separati, ma bensì sempre un po' incollato per facilitare la presa. Sembra un po' un mito da sfatare, ma la necessità ammazza un po' la poesia, e soprattutto il sapore che è quello di un mezzo pappone.

Spesso il pericolo si nasconde nelle azioni semplici durante le quali si tende ad abbassare la guardia. Mi alzo, percorro il corridoio del vagone e vado in bagno dal quale esce un ragazzo. Entro, faccio pipì e mi accorgo che sul lavandino ha dimenticato il cellulare. Lo prendo per restituirglielo (dopo essermi lavato le manine), tutto fiero perché mi sentivo un cittadino modello restituendo un oggetto smarrito al suo legittimo proprietario.
Purtroppo il mio entusiasmo era però destinato ad essere presto stroncato.

Appena uscito nel corridoio una improvvisa quanto inopportuna sconnessione sui binari fa sobbalzare la carrozza, facendo spalancare la porta del bagno di fronte. Per magia si manifesta di fronte ai miei occhi stanchi una figura seminuda, in piedi, con i pantaloni abbassati e nel gesto elegante, ma democratico, di pulirsi il sedere. Era costui un omino basso e stempiato, una settantottina di anni poteva essere la sua età dal volto vizzo e grinzoso che pareva un letto sfatto.

La situazione come per magia si congela in un attimo che divenne un’eternità. Io con un piede avanti e l’altro dietro, immobile come gli attori dei fotoromanzi che simulano la camminata. Lui, davanti a me, colpito nel momento di maggiore intimità con la mano destra frapposta tra le natiche sgonfie di muscoli stanchi. Ripiegato su se stesso in un gesto plastico come la statua di un defecante Discobolo, congelato e immobile come fosse apparso d’improvviso su un palcoscenico.

In quel momento che divenne eternità io e l’omino ci fronteggiavamo, entrambi pregni di imbarazzo: i nostri sguardi si incrociarono e ahimè il mio ricadde sulla pelle di daino che ciondolante si palesava tra le gambe del suddetto avventore del gabinetto dotato, purtroppo, di una porta troppo debole.

Cotanta vista fu capace di smorzare in una frazione di secondo l’entusiasmo per la mia buona azione e ovviamente l’appetito con così tanto vigore da meritare di essere inserita come sistema alternativo nelle diete più ferree.
Purtroppo, per molte notti a seguire la sagoma del vecchio a braghe calate ha riempito i miei incubi.
La mia reazione è stata però, una volta superato l’attimo di sbigottito congelamento, da vero codardo, quella di tornare verso il mio posto a grandi passi, senza nemmeno cercare di chiudere quel sipario che tanto inopportunamente si era spalancato ai miei occhi. L’ho fatto un po' per paura e un po' perchè nutrivo dentro la segreta speranza che altri dopo di me potessero imbattersi in quello spettacolo di cicce flosce.

Dopo aver tenuto per me questa storia, ma a distanza di parecchi mesi ho trovato il coraggio di raccontarla nella speranza che la condivisione potesse alleviare questo peso che grava sui miei ricordi e con la sadica speranza di evocare un po' di sano disgusto in tutti voi.

P.S. Nessun omino vizzo è stato maltrattato in questa triste storia. Mi è ignota la sua sorte, ma voglio immaginarlo felice che correre nudo nella brughiera irlandese.

Dario Dal Canto

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