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martedì 19 marzo 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Il lago

di Marco Celati - domenica 14 agosto 2022 ore 08:00

Accidenti all’eutrofizzazione! Accidenti a noi! Perché? Perché sì. E vengo e mi spiego. L’eutrofizzazione è un fenomeno che interessa i laghi o le zone dei fiumi dove le acque sono più ferme e i nutrienti si accumulano più in fretta. Il termine eutrofizzazione deriva infatti da due parole greche che stanno a significare “ben nutrito”. Ma non è una cosa buona al giorno d’oggi, segnala anzi l’insorgenza di uno squilibrio biologico. I nutrienti nella fattispecie provengono dagli scarichi domestici e agricoli -detersivi e concimi chimici- che contengono grandi quantità di sostanze organiche, ma soprattutto fosforo e azoto. Queste sostanze si depositano sul fondo dove formano uno strato sempre più denso. Nutrono le alghe che crescono nel fondale e si riproducono a dismisura, consumando l’ossigeno dell’acqua e formando una fitta vegetazione in superficie che limita lo scambio gassoso con l’atmosfera. Il riscaldamento globale peggiora la situazione già compromessa. L’innalzamento della temperatura delle acque superficiali infatti fa diminuire la solubilità dei gas e così si riduce l’ossigeno disciolto. Inoltre, con il prevalere della siccità, i fiumi vanno in secca e gli sbarramenti fanno il resto. Sulle superfici stagnanti si crea uno strato di colore verdastro. Così e per l’inquinamento più generale, sotto i nostri occhi, per nostra responsabilità, si ammalano le acque. E muoiono.

In Lunigiana, nell’alto corso del Magra, del Verde o di altri fiumi e torrenti si formano i “laghi”, anse dove il fiume si allarga, spesso incoraggiate da dighe rudimentali di pietre, innalzate per aumentarne l’ampiezza ed il fondo. C’è il lago della Frasca, c’era quello della Mora che non credo fosse inteso come di donna dai capelli corvini, ma in quanto cumulo di pietre, sbarramento, ora crollato. Ci sono il lago del Palo e perfino il lago del Cazzo che se chiedi perché si chiama così ti rispondono perché è un lago del cazzo! Ovvio. Sono gente schietta i lunigianesi. Toscani, ma non parlano toscano: un dialetto misto, ligure e parmense. Da quelle parti si va al fiume nei “laghi” a fare il bagno. Ma la siccità di questi anni ne ha ridotto alcuni ad acqua ferma. Forse bisognava abbassare o riaprire le dighe di pietre per far scorrere le acque o forse, comunque, non ce n’era. Stanno diventando pantani verdastri. Un disastro ambientale di cui bisognerebbe rendersi più conto e fare qualcosa, anche a livello locale. Non rassegnarsi alla perdita dei fiumi. Per fortuna in Lunigiana tanti ancora sono i “laghi”, specchi d’acqua fluviali vitali e rinfrescanti: la Serra di Mignegno, il Mulino la Serra a Pontremoli, i Mulini di Marzo a Bagnone e tanti altri luoghi semplici e meravigliosi che vanno solo cercati e scoperti. Tutte acque di libero accesso, limpide, vive, correnti. Rimanessero così!

Invece da tempo, per la siccità, il “lago” della Frasca, invaso dalle alghe, è in sofferenza. Il Comune di Pontremoli, l’Autorità di Bacino dovrebbero intervenire. La diga di pietre andrebbe abbassata per far scorrere di nuovo le acque e impedirne il ristagno. Le alghe sulla riva e sul fondo andrebbero rimosse e poi sperare nelle piogge e nelle piene. Il Comune ogni anno organizza “Medievalis”, una celebrazione degli antichi fasti della città. Che è giusto rievocare, anche se il Medio Evo non torna e meno male. Pier delle Vigne con tutta probabilità non era un traditore né un corrotto. La sua colpa più grave fu cadere in disgrazia. E comunque l’Imperatore Federico II, che lo fece accecare in Piazza San Geminiano nel 1249, commise una barbarie. Nel nostro tempo abbiamo già le nostre atrocità, ci bastano quelle. Ma far tornare il “lago” della Frasca agli antichi splendori sarebbe forse possibile e sarebbe giusto. Sarebbe un piccolo gesto di grande importanza per un luogo di elezione di tanti cittadini, di tante persone. Ecco, ogni anno, ad ogni rievocazione medievale, dovrebbe corrispondere un intervento di controllo della depurazione, di ripristino ambientale. Pontremoli com’era, anche in natura. Diversi bei ricordi mi legano a quel tratto di fiume, già solo il nome, la Frasca, è intrigante ed evocativo per tutti. Ma quei ricordi niente e nessuno potrà farli tornare alla realtà. Però il senso di stupefatta meraviglia della prima volta che ci arrivammo e lo vedemmo, quello sì, si potrebbe rendere a tutti, soprattutto alle generazioni a venire.

Amo i fiumi. Bisogna seguirne il corso, cercare un approdo, un guado. Un posto per immergersi. Non nell’impeto insidioso della corrente e nemmeno nella gora stagnante e melmosa delle pozze d’acqua morta procurate dalle secche o dagli sbarramenti. Ma nell’ansa che si crea dopo un balzo dell’acqua, una cascata. Dove lacqua come noi pensa se stessa prima di farsi vortice e rapina”, direbbe Montale. Là, nel tonfo trasparente chiaroverde entrare senza paura del gorgo, della bestia del fondo, della medusa marina urticante, e godersi il refrigerio dell’acqua corrente. Salvi dalla calura e dall’avvampo della Terra e del Sole. Liberi, fluttuanti, senza peso terreno. Bisogna stare dove il fiume lentamente, incessantemente scorre. E tutto scorre.

Ennesima, salutare camminata al Castello del Piagnaro, inteso non come uomo piagnone, ma in quanto coperto di piagne, la pietra arenaria grigia locale. Sulla via del ritorno, trovato un bozzo d’acqua corrente sotto la diga rotta nel fiume Verde, ho fatto il bagno in mutande. Non ho resistito. Mi sono immerso nell’acqua. Dov’è più chiara e fresca. Dove i pescetti di fiume ti vengono a beccare i piedi e le gambe. Che bellezza, mannaggia li pescetti! Come in mare, quando ci s’andava, a Cala Violina o a Pianosa. Alla fine forse il fiume è un mare per vecchi. Del resto bevo il Chinotto e anche il Chinotto è una Coca per vecchi, ma almeno si sa di cos’è fatto. Perché nella Coca Cola c’è un ingrediente segreto. Come nei pasticcini “Amor” o negli peritivi “Bianco Oro” e “Stordente” dì Pontremoli, che però è tutta un’altra storia. Il Chinotto è a base di agrumi amari. Amari come questi pensieri di niente che si concludono così. Che il mondo senza noi sarebbe un paradiso. Forse per noi un paradiso perduto.

Puntremal, Agosto 2022   

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati