Commissari
di Libero Venturi - domenica 19 luglio 2020 ore 07:30
E così il PD provinciale pisano, dopo le dimissioni precoci del neo segretario Fabrizio Cerri, è stato commissariato. Nominati ben due commissari e pure di rango: la senatrice Caterina Bini e il vicesegretario regionale Valerio Fabiani. Le dimissioni di Cerri sono state sì precoci, ma non immotivate. Troppe pressioni all’interno del partito che ne hanno minato l’autorevolezza. E meno male pochi mesi fa era stato eletto all’unanimità! A mio modestissimo avviso Cerri, persona stimabile -voce e carattere di cartavetrata, doni di natura e non difetti- aveva ragione e, da tifoso, mi sarebbe piaciuto che avesse detto: si fa come dico io e non mi dimetto, perché, come il marchese del Grillo, «io so’ io e voi non siete un cazzo!». Ma ci deve essere differenza tra un segretario e un marchese, sia pure del Grillo, come tra il retropensiero, un tantino autoritario, del sottoscritto ex comunista, sia pur moderato, e la democrazia. E poi tra i firmatari del dissenso verso Cerri c’erano autorevoli personalità politiche e amministrative, che magari se non firmavano era anche meglio. Tanto, autorevoli restavano uguale, solo un po’ meno rompicoglioni. Ma tant’è.
Alla fine quello che dispiace è che queste cose, viste da fuori e più o meno motivate, appaiono comunque “beghe pisane”, una versione maledetta e toscana delle “baruffe chiozzotte” di goldoniana memoria. Peggiorativa, perché quelle di Goldoni erano baruffe popolane, amorose e allegre. Le nostre sono elitarie, odiose e mettono solo tristezza. Alla fine da deprimenti diventano anche poco comprensibili, si capisce solo che hanno a che vedere con le candidature regionali, ma non sono certo il massimo in vista delle prossime elezioni.
Per la parte di “storia” che mi riguarda ho conosciuto segretari di grande peso e durata alla Federazione di Pisa del PCI. Ne rammento solo due del passato per non far torto al presente e ai presenti. Rolando Armani, un bravo sindacalista, attivo dirigente anche nelle lotte operaie a Pontedera, veniva dal PSIUP. Il Partito Socialista di Unità Proletaria, addirittura! Quando usciva per le riunioni dall’ufficio, nella mitica sede pisana di Via Fratti, aveva sempre i pantaloni di quelli che andavano allora, larghi, di gabardine, con la riga diritta a fil di piombo, impeccabile. Elegante. Ho sempre pensato che nella sua stanza rimanesse in piedi o avesse un asse da stiro a scomparsa nella parete e si stirasse i calzoni prima di uscire. È morto nel 2000.
Soprattutto è impossibile dimenticare Giuseppe De Felice, Giugi per gli amici, dei quali non facevo certo parte. È stato il segretario del PCI più colto e preparato che abbiamo mai avuto. Un intellettuale. I suoi interventi per ampiezza di analisi erano lezioni di politica che non sempre riuscivo a comprendere appieno. Non a caso. A Pontedera ci disse che la nostra direzione politica era come vedere una partita di calcio, però senza il pallone. Cioè senza i collegamenti con la società, i ceti medi e l’allora mitica classe operaia. Che ora vota pure Lega. E forse è colpa anche nostra. Si dimisero in tanti. Non era tenero il De Felice. Una volta che si dovette scegliere un nuovo segretario provinciale, fummo tutti consultati e io, pensando che la cosa rimanesse riservata, dissi che era ora di cambiare e di chiuderla con «i vecchi barbogi». La cosa fu riferita in assemblea anche perché pure il relatore era un compagno autorevole, vecchio e con la barba bianca. Non fecero il nome, ma tutti sapevano. Non che De Felice non fosse vecchio e pure barbogio. Ma nemmeno che io non fossi un emerito citrullo e un irresistibile bischero. Me ne accorgo soprattutto ora, diventato anch’io, nel mio piccolissimo, vecchio e barbogio. Ce ne fossero oggi di De Felice, uno che faceva incazzare gli apparati fiorentini e romani e faceva il culo al giovane D’Alema, per stessa ammissione di quest’ultimo. Giugi non c’è più. Comprai il suo libro fotografico, era appassionato di fotografia, s’intitola “Pisa, bella ancora”. Inquadrature struggenti, scatti memorabili, presi in momenti particolari di luce di Pisa e del suo territorio. E senza neanche un pisano, questa la sorprendente meraviglia.
E perché, poi, due commissari? Forse perché uno è dell’area di sinistra, DS, e l’altra proviene dalla Margherita? A pensare male si fa peccato, ma a volte -spesso di questi tempi- ci s’indovina, diceva il cinico Andreotti. Una logica spartitoria, senza alcun pudore e senza che nessuno del gruppo dirigente provinciale abbia fatto un minimo di autocritica. Allora ci voleva anche un esponente di area ex socialista, così avremmo avuto il classico triumvirato. È la teoria -più che altro la pratica- delle diverse anime. Esiste la confederazione di anime di cui parla Tabucchi in “Sostiene Pereira”? L’anima è dunque molteplice, come dicono Platone e Averroè? Oppure è una ed una sola, come afferma Dante nel IV canto del Purgatorio, schierandosi con Aristotele e San Tommaso «contra quello error che crede ch’un’anima sovr’altra in noi s’accenda»? Molti di noi leggevano un giornale che si chiamava “L’Unità” e con quel nome e quell’intento organizzavano pure feste. Altri tempi, «vassene ‘l tempo e l’uom non se n’avvede». E non che mancassero allora divisioni esterne e interne, ma era diverso dal frazionamento odierno che riguarda la sfera sociale, politica, quella amministrativa e del governo del paese. Questo frammentarsi in piccoli pezzi, questo atomizzassi della storia e della visione del mondo, investe e paralizza tutto: le scelte più complessive e quelle contingenti. Le divisioni e le indecisioni riguardano le posizioni in Europa, le vicende relative alle autostrade, il lavoro, l’emergenza causata dalla pandemia ed altro. E passano attraverso tutte le formazioni: dal governo all’opposizione, riguardando tutti i partiti e i movimenti. E il paese ne soffre e ne soffrirà ancora di più se non riuscirà finalmente a ripartire con decisione e senso comune.
Alla fine tuttavia non riesco ad essere così cattivo, come vorrei -e forse dovrei- verso un partito che continua a starmi a cuore, che batte più piano, ma sempre in mezzo al petto e a sinistra. Concluderò allora con un ardito e convergente parallelo. A noi pontederesi i due commissari ricordano la vicenda dei due proposti. Una coppia di fatto pure loro. Bravi entrambi, ma non andò a finire bene: uno si ritirò e l’altro si spretò. Poi è arrivato Don Piero, da solo, che è un bravo sacerdote e un buon pastore. Lasciatevelo dire, senza alcun diritto, da un non credente. Perché forse anche in un partito plurale diversi possono essere le provenienze e gli orientamenti, ma se un’anima esiste -e deve esistere- bisogna che sia unica. O è meglio che lo sia. E allora, senza mescolare sacro e profano, traiamone comunque buoni auspici e speriamo bene anche per il PD e per i DEM. Buona domenica e buona fortuna.
Pontedera, 19 luglio 2020
Libero Venturi