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lunedì 14 ottobre 2024

PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

DIZIONARIO MINIMO: La monarchia

di Libero Venturi - domenica 21 gennaio 2018 ore 07:15

C’è un’ultima data che voglio ricordare fra quelle che, come l’anno in corso, terminano per otto ed è il 1898.

In quell’anno, dopo l’aumento del prezzo del pane, a Milano, il popolo si sollevò, furono assaltati i forni e si verificarono gravi tumulti, passati alla storia come “la protesta dello stomaco”. Il Governo, guidato da Antonio di Rudinì, proclamò lo stato d’assedio e il generale Bava Beccaris, in qualità di regio commissario straordinario, ordinò di sparare cannonate sulla folla, provocando una strage. Era l’8 maggio del 1898, furono massacrati 80 cittadini e altri 450 rimasero feriti. In segno di riconoscimento per quella che dalla monarchia fu giudicata una brillante azione militare, Bava Beccaris, oltre alla medaglia d’oro al valor militare, ricevette dal re Umberto I, “il re buono”, la Gran Croce dell’Ordine militare di Savoia e ottenne un seggio al Senato. Umberto I fu ucciso dall’anarchico pratese Gaetano Bresci, a colpi di pistola, domenica 29 luglio del 1900 a Monza, nei pressi della Villa Reale. Gli anarchici Umberto I lo chiamavano “re mitraglia”. Dopo la sua uccisione divenne re d’Italia il suo primogenito, Vittorio Emanuele III.

Gli anarchici non li ho mai apprezzati e tantomeno i regicidi, ma, a parte Carlo Alberto, simpatico e amletico come tutti gli indecisi o gli sconfitti e Vittorio Emanuele II, il galantuomo che non era insensibile al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi, e che, senza dimenticare la sanguinosa repressione dei moti di Genova del generale La Marmora, fu con la vittoriosa Seconda Guerra d’Indipendenza, “Padre della Patria” e primo re d’Italia, il mio sentimento, in estrema sintesi, è comunque questo: fanculo re e tiranni!

Risalendo ai tempi nostri, dopo il tragico ventennio fascista, la dittatura, le leggi razziali e la guerra a fianco dei nazisti, gli italiani con libere elezioni abolirono la Monarchia, scelsero la Repubblica, tornarono alla Democrazia e si dettero una nuova Costituzione. Fra le disposizioni transitorie la Carta Costituzionale stabilì per i discendenti maschi di casa Savoia l’esilio e il divieto di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale. E c’erano valide ragioni.

Vittorio Emanuele III da re soldato e vittorioso che era stato durante la prima guerra mondiale, divenne re fascista, condivise il regime, approvò ed avallò tutte le sue scelte ed i suoi atti. Infine fu re fuggiasco. Dopo la caduta di Mussolini e l’armistizio dell’8 settembre 1943, il “nostro” re, all’alba del 9 settembre, fuggì con un esiguo codazzo a Brindisi, già liberata dagli americani, insieme alla regina Elena, al principe Umberto e al capo del Governo, il maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. “O Badoglio, o Pietro Badoglio/ ingrassato dal Fascio Littorio/ col tuo degno compare Vittorio/ ci hai già rotto abbastanza i coglion./ Ti ricordi la fuga ingloriosa/ con il re, verso terre sicure?/ Siete proprio due sporche figure/ meritate la fucilazion./ Se Benito ci ha rotto le tasche/ tu, Badoglio, ci hai rotto i coglioni/ pei fascisti e pei vecchi cialtroni/ in Italia più posto non c'è”. Se la dettero a gambe senza nemmeno gli altri membri della famiglia reale. Una delle figlie, la principessa Mafalda di Savoia che si trovava all’estero, rientrata in patria, fu arrestata dai nazisti e deportata nel campo di concentramento di Buchenwald dove, provata dalla prigionia, morì per le ferite riportate durante un bombardamento alleato.

Quella fuga fu variamente interpretata, poteva anche voler significare, da parte del re, il tentativo di salvare, non solo la sua persona, ma il Regno d’Italia dai tedeschi che erano diventati nostri nemici. Ed è pur vero che nel discorso tenuto agli ufficiali ad Agro San Giorgio Ionico, il 18 ottobre 1943, Badoglio, oltre a confessare lo sfacelo morale ed il disastro economico e finanziario del fascismo, ci rivelò anche il tragico e miserabile cinismo del suo dittatore. Quando, il 2 giugno 1940, Mussolini mi chiamò dicendomi che il 10 giugno noi saremmo entrati in guerra, io gli gridai: «Ma lei non sa che noi non abbiamo nemmeno le camicie per i nostri soldati, non dico le divise, ma nemmeno le camicie?». Egli mi rispose: «Lo so, io ho solo bisogno di avere alcune migliaia di morti per sedermi al tavolo della pace accanto ai vincitori». Ecco la profezia del grande uomo, del grande statista che aveva preveduta la vittoria in due o tre mesi!”. Ma nonostante questa tardiva presa di distanza, la fuga a Brindisi, in sostanza, fu un atto vile che lasciò il Regno d’Italia, anzi il nostro Paese, abbandonato a se stesso e i nostri soldati, senza ordini precisi, nella tragedia e allo sbando. “Viva il re, viva il re, viva il re, le trombe liete squillano” faceva la marcetta reale. Ma che cazzo di re!

Un re che si rispetti è stato Giorgio VI d’Inghilterra, lui non fuggì in Canada, nei suoi domini, come avrebbe potuto e come gli consigliavano, per prudenza, corte e ministri. Nel 1936 era morto re Giorgio V e il primogenito Edoardo, principe del Galles, venne chiamato a succedergli, ascendendo al trono col nome di Edoardo VIII. Ma Edoardo preferì rinunciare alla corona e coronò la sua storia d’amore con la miliardaria americana, pluridivorziata e plurichiacchierata, Wallis Simpson, filonazista sicuramente lei e filonazista probabilmente lui. Quindi abdicò e divenne re d’Inghilterra Giorgio VI, il fratello minore. Che poi, in realtà, si chiamava Albert, Bertie per i familiari, ma suonava troppo tedesco, così scelse tra i suoi altri nomi quello che lo identificava con la discendenza dal padre. Ad inglesizzare il cognome da Hannover, troppo tedesco, a Windsor, dall’omonimo castello inglese, ci aveva già pensato l’illustre genitore, Giorgio V, durante la prima guerra mondiale, poiché, in linea ereditaria, il casato degli Hannover, come quello dei Sassonia-Coburgo-Gotha, erano comuni a quelli del nemico, il Kaiser di Germania Guglielmo II: entrambi erano nipoti della regina Vittoria. E tutti e due erano imparentati con lo Zar Nicola II di Russia. Una grande famiglia, non c’è che dire. La corona inglese, peraltro, in ascendenza patrilineare aveva come capostipite Alberto Azzo I, marchese di Ancona, conte di Tortona, Genova e Luni. ‘Azzo! Piccolo il mondo.

Il Regno Unito combatté la seconda guerra mondiale, con la Francia, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, contro l'Asse Roma-Berlino-Tokyo. E per tutta la guerra e in modo particolare durante il difficile periodo dei bombardamenti su Londra, il re seppe conquistare la stima e l'affetto dei suoi sudditi. Giorgio VI rimase con la regina e le sue figlie sempre saldamente al suo posto e rifiutò ogni fuga, contribuendo anzi a tenere alto il morale del paese durante la resistenza all'attacco subito dalla Germania nazista. Anche con i suoi discorsi radiofonici, una novità per il tempo, pur balbuziente, come Guidino Genovesi. Con il primo ministro Winston Churchill, contribuì alla sconfitta del nazismo. Churchill che, tra l’altro, nel bellissimo film “Il discorso del re” gli confessa anche la sua difficoltà di linguaggio e non si direbbe, a giudicare dalla meravigliosa pellicola “L’ora più buia”. E la primogenita, Elisabetta, che gli è succeduta come regina, durante la guerra si arruolò nel Servizio Ausiliare Territoriale e venne addestrata come autista. Giorgio VI nel dopoguerra fu tra i principali promotori della ripresa economica e sociale del Regno Unito. Quello era un re! Quella è una monarchia.

Comunque, da repubblicano, la monarchia continua a non piacermi, ma le differenze si possono anche apprezzare. E non è questione di esterofilia per la perfida Albione o di mancanza di amor patrio, tutt’altro. Il fatto è che gli inglesi ebbero Giorgio VI e Winston Churchill e noi Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini. Loro erano la democrazia e noi il nazifascismo.

Libero Venturi

Pontedera, 21 Gennaio 2018

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Le strofe riferite al generale Badoglio sono tratte da “La Badoglieide”, una canzone popolare composta da un gruppo di partigiani delle formazioni di “Giustizia e Libertà”, tra cui Dante Livio Bianco e Nuto Revelli, alle grange di Narbona, in provincia di Cuneo, nella notte tra il 25 e il 26 Aprile del 1944. Così ricorda Nuto Revelli nel libro “Le due guerre”, Einaudi, 2005.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nell’80º anniversario delle famigerate leggi razziali fasciste del 1938, ha nominato Senatrice a vita Liliana Segre, che patì quelle discriminazioni razziste. Espulsa da scuola a 8 anni, perché di origine ebraica, sopravvisse ad Auschwitz dove, a 13 anni, era stata internata. Entra a Palazzo Madama “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti in campo sociale”, per aver fatto della sua sofferenza, attraverso la memoria, un impegno di liberazione dall’odio e una scelta di pace. Bravo Presidente! 

Libero Venturi

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