Non avere e non essere
di Nicola Belcari - domenica 23 marzo 2025 ore 08:00

Un libro meritatamente famoso, Avere o essere (1976), ha avuto il pregio, rivolgendosi a quanti più possibile, di contrapporre due modalità di esistenza: l’avere con la ricerca del possesso di beni, e l’essere, coltivare il miglioramento di sé, in una società che tende a promuovere il consumo e a dare stima e considerazione a chi ha, anziché a chi è.
Il concetto non è nuovo: un filosofo antico, perduti tutti i suoi averi, disse che niente e nessuno avrebbe potuto sottrargli la sua ricchezza perché essa era inseparabile da lui, consisteva nel suo sapere.
Il valore e il senso del libro di Fromm sono sempre attuali ma i mutamenti alla nostra vita quotidiana operati dalla rivoluzione tecnologica forse rendono necessaria una precisazione o un aggiustamento per non incorrere in un equivoco.
Tutti noi trascorriamo buona parte del tempo libero, da svegli, si fa per dire, usando uno strumento (la tivvù, il PC, lo smartphone): siamo intenti a cercare notizie in modo appagante o comunque meno faticoso rispetto ad altri tipi d’impegno. Questo eccesso d’informazioni non sempre si trasforma in conoscenze o è elaborato. È una quantità tale che paradossalmente rischia di perdere importanza la distinzione tra il vero e il falso. Tra parentesi: anche la verità può essere falsificata dai modi in cui si comunica; una notizia vera può funzionare o essere usata come una bugia; statistiche veritiere possono dimostrare ciò che si vuole per come sono impostate.
Costantemente informati (in maniera superficiale se manca il tempo della riflessione critica) si può perdere il contatto con le cose; anche con le cose care che hanno una storia, che sono legami di vita. Con la valanga di notizie, anche ripetute o superflue, esse possono assumere la natura di “cose”. Si rischia di sapere tutto senza capire.
Equivoco nell’equivoco è lo sharing: la condivisione che in Fromm aveva valore positivo nei social diventa la parola d’ordine di un trovarsi d’accordo o mettere al corrente nell’attesa del like. L’intento alla fine è apparire?
Nel mondo digitale, la realtà è virtuale, l’intelligenza artificiale, le cose sono inafferrabili: tutto è sfuggente in un mondo popolato da fantasmi e da spettri.
C’è il rischio di finire per non avere e non essere.
Nicola Belcari