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Attualità mercoledì 25 marzo 2020 ore 15:36
Un sepolcro vuoto attende Dante a Firenze
Lo scrittore Sandro Veronesi con l’Opera di Santa Croce e l’Opera di Santa Maria del Fiore lancia un appello a "colmare il vuoto che c’è nel sepolcro"
FIRENZE — Lo scrittore Sandro Veronesi ha lanciato un messaggio attraverso i social dell’Opera di Santa Croce in occasione del primo Dantedì, un richiamo di Veronesi alla morte del Poeta, lontano dalla sua patria, per la “febbre assassina della malaria”, che riporta alla cronaca dolorosa di queste ore.
“In questo giorno penso a Dante, penso alla morte di Dante avvenuta per contagio di malaria nelle Valli di Comacchio nel settembre 1321, lontano dalla sua patria. Questo contagio e questa malaria, febbre assassina per eccellenza, che aveva portato via ventuno anni prima Guido Cavalcanti” ha detto Veronesi, candidato allo Strega con Il Colibrì, presentato nell’ottobre scorso proprio nel cenacolo di Santa Croce.
L'appello. “Penso a quanto si dovrebbe e si può fare ancora per colmare il vuoto che c’è nel sepolcro a lui dedicato in Santa Croce a Firenze - afferma Veronesi - Penso a tutti quelli che si stanno industriando e si stanno impegnando per colmare questo vuoto e ricucire definitivamente lo strappo tra Dante e la città di Firenze. Perché essendo ovviamente il padre di tutta la lingua e di tutta la cultura italiana è il primo padre di Firenze e lì dovrebbe stare”.
Ieri L’Opera di Santa Croce e L’Opera di Santa Maria del Fiore hanno annunciato di essere al lavoro insieme per preparare le iniziative legate al 700esimo anniversario della morte di Dante e intanto - in occasione del primo Dantedì - hanno lanciato un invito alla speranza. L’obiettivo delle due Opere è anche quello di promuovere una pacificazione definitiva tra Dante e Firenze. “La Basilica di Santa Croce come spazio della memoria della cultura italiana si propone di svolgere il ruolo di luogo della riconciliazione tra il Poeta e Firenze – sottolinea Irene Sanesi, presidente dell’Opera di Santa Croce - L’imponente tomba vuota e la statua di Dante sul sagrato sono i simboli di una volontà di riappacificazione incompiuta che adesso, con il primo Dantedì del 25 marzo 2020 e soprattutto in occasione del 700esimo anniversario della morte di Dante del 2021, può trovare un nuovo corso”. “La lezione di Dante e quella pacificazione dell’Italia, che nasce dalla condivisione della lingua e della cultura, saranno strumenti fondamentali per uscire dalla situazione gravissima di oggi”, affermano i componenti del Comitato per le celebrazioni dantesche costituito da qualche mese e di cui fanno parte, tra gli altri, Sergio Givone e Antonio Natali per l’Opera di Santa Maria del Fiore e don Alessandro Andreini, Giulio Conticelli e Marco Pallanti per l’Opera di Santa Croce.
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