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Attualità lunedì 25 dicembre 2017 ore 14:15

Umiltà e povertà, simboli del vero Natale

Omelia alla messa di mezzanotte per il Natale del cardinale di Firenze Giuseppe Betori. L'insegnamento di Betlemme e il no alle aperture per Natale



FIRENZE — "Alla grotta di Betlemme non sembra che siano stati invitati i potenti del mondo e tanto meno chi possiede ricchezze, né i difensori delle sacre tradizioni o gli artefici di un pensiero che vorrebbe dominare il mondo, né i custodi di poteri religiosi che erigono barriere attorno a Dio".

Questo è stato l'inizio dell'omelia di Natale in cattedrale a Firenze del cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze.

"Accanto al Bambino troviamo invece sua madre, Maria, colui che dovrà custodirlo come un padre, Giuseppe, e alcuni pastori, che accorrono dopo aver avuto indicazioni da un angelo", ha proseguito il cardinale evidenziando l'umiltà di Maria, l'obbedienza di Giuseppe 'uomo giusto' e l'ascolto dei pastori. 

"Con questi sentimenti - ha affermato Betori - si può entrare nel presepio, si può stare accanto al Signore".

"Ciò che è in gioco nell'apertura dei centri commerciali nei giorni di domenica e di festa - e che ultimamente qualcuno ha voluto estendere perfino a oggi, il giorno di Natale - non è la possibilità o meno di frequentare iriti religiosi, ma poter o meno avere spazi di umanità, di affetti familiari, di riflessione personale e distensione, di incontri amicali", ha proseguito il cardinale Betori nella sua omelia per la Messa del giorno di Natale.

Poi uno sguardo contro il Natale quello consumistico delle aperture nelle domenica e nei giorni di festa: "Nel difendere la domenica e la festa, nel difendere il Natale dall'offensiva consumistica, ciò che sta a cuore alla Chiesa è difendere la persona umana e la società, non le pratiche religiose", ha aggiunto il cardinale.

"Ho voluto soffermarmi un poco su questa vicenda dei centri commerciali - ha proseguito - che si vogliono aperti anche a Natale, non tanto perché questo sia oggi il più grave dei problemi della nostra società - ce ne sono ben altri, come attestano le cronache della guerra, della violenza e della povertà ogni giorno -, ma perché in esso emerge con tutta evidenza come laddove non si accetti il limite, quel limite che Dio ha abbracciato per stare con gli uomini, è l'uomo stesso che viene messo in crisi. C'è invece da riconoscere, e questo in tutti gli ambiti della vita umana, che è proprio il limite ciò che ci permette di stare nella storia, perché la storia è fatta di eventi concreti e non di assoluti, e di stare con gli altri,evitando prevaricazioni ed emarginazioni".


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