Attualità mercoledì 22 aprile 2020 ore 15:04
La moda non ce la fa più, rischio zero ordini
Il settore moda di Confindustria Firenze chiede di riaprire subito almeno i reparti modelleria delle imprese per rinnovare i campionari
FIRENZE — Insieme ai tessili del distretto pratese ci sono le imprese della moda a scalpitare per potersi rimettere in pista e recuperare, per quanto possibile, il tempo perduto a causa dell'emergenza coronavirus. Il messaggio che lancia il settore moda di Confindustria Firenze non lascia spazio all'immaginazione: se non si realizzano i nuovi campionari, c'è il rischio di un effetto a catena che potrebbe portare anche alla definitiva chiusura di molte aziende.
La richiesta che arriva dal presidente David Rulli è di riaprire subito almeno i reparti modelleria delle imprese. “Siamo pronti a riaprire, anche da oggi stesso, i reparti modelleria delle nostre imprese", spiega Rulli. In questi reparti, sottolinea, sarebbe coinvolto un numero limitato di lavoratori e la riapertura darebbe la possibilità di "non perdere quelle posizioni di mercato che un mese e mezzo di lockdown rischiano di mettere in discussione. I nostri competitor esteri lavorano; e, con buone probabilità, si stanno già insinuando fra i nostri clienti internazionali".
Già, perché le imprese di paesi concorrenti come "Spagna, parte della Francia e alcuni paesi dell’Est europeo sono già ripartite; e alcuni grandi brand mondiali stanno si stanno già rivolgendo a loro per quei campionari che avremmo dovuto produrre noi; l'industria della moda è scandita da tempistiche precise a livello internazionle. E noi assistiamo inermi a questa perdita secca di valore del nostro made in sui mercati. Abbiamo già perso molti ordini e abbiamo ricevuto annullamenti per quelli che avremmo dovuto consegnare in questi mesi, ma se non realizziamo i campionari sono a rischio anche gli ordini che dovremmo, se pur ridotti, ricevere in futuro”.
Il problema sottolineato da Rulli sta nel fatto che se un campionario viene fatto in un altro Paese, è probabile che in quello stesso Paese sia direttamente realizzato anche il prodotto finito lasciando a secco le imprese toscane e, nel caso specifico, quelle attive nella pelletteria, nelle calzature e nella moda nel fiorentino.
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