Arte, piacere e Pinacoteca di Brera
di Gianni Micheli - giovedì 27 marzo 2025 ore 08:00

L’arte ha bisogno di tempo. Ha bisogno di piedi. Ha bisogno di desideri e di curiosità. Ma quando la curiosità alimenta il desiderio nel frattempo che muove piedi, corpo e mente, l’incontro con l’arte, se avviene, non si misura più con il tempo ma con il piacere. Se avviene.
Per far sì che ciò avvenga - ovvero questa magica congiuntura tra piedi in movimento, desideri accesi, curiosità a ruota libera e accoglienza del piacere - io ho un trucco: entro in un museo.
Avvertenza: la possibilità di una delusione è dietro l’angolo se la curiosità non si alimenta, se non trova pungoli per desideri inespressi. Ma anche per questo esiste un trucco: documentarsi. Cosa oggi possibile in tempi e modi pratici, rapidi e a portata di mano, letteralmente.
Ci sono luoghi per l’arte - e a mio avviso per il piacere -, tuttavia, che non contemplano delusione. Uno tra questi è la Pinacoteca di Brera, a Milano, dove ha casa una delle collezioni d’arte più importanti d’Italia con un’attrattività che va ben oltre. E, detto tra noi, camminarci dentro, almeno una volta, era uno di quei desideri che tenevo nel cassetto.
“Il bacio” di Francesco Hayez, ad esempio, opera iconica dell’arte romantica italiana. Sta lì, nella prima versione del 1859. Un bacio che va ben oltre il desiderio, abitando da tempo l’immaginazione di tanti per l’uso e la visibilità che gli è stata riservata.
Di Piero della Francesca, Rinascimento fatto persona, è imperdibile la “Pala Montefeltro” anche detta “Pala di Brera”, un dipinto che fa esplodere la ricerca prospettica del XV secolo. Un’opera monumentale, per trattamento della luce e iconografia, che attira lo sguardo in un punto di fuga in cui perdersi ammirati per quell’idea che sembra scontata, oggi, ma non lo era, ieri.
La “migliore opera” di Donato Bramante (pare), “Cristo alla colonna”. Sta lì, anche lei. Anno 1490 circa, ma solo per il colore. La tensione è già contemporanea e non si può guardare senza pensare all’oggi.
“Lo sposalizio della Vergine” di Raffaello Sanzio, un inno alla perfezione del Rinascimento, una tra le sue opere più celebri, una di quelle che passano sotto agli occhi di ogni studente. La trovate lì.
Che dire poi del “Cristo morto” di Andrea Mantegna? Un’altra di quelle immagini che transitano dai libri di storia dell’arte e si perdono tra date e nomi da studiare e interrogazioni da superare e potrebbero sembrare noia mentre sono meraviglia d’invenzione, d’intuizione, di punti di vista che, da lì in poi, sono un regalo all’umanità. Un regalo che tutti dovremmo considerare eredità personale.
Sarebbe già sufficiente, oltre a tutto quello che è impossibile citare in questo articolo, ma per non fare torto alla mia terra d’origine, avendo tirato in ballo Piero della Francesca, mostrerò rispetto anche a Luca Signorelli e al suo “Stendardo della Flagellazione”, databile al 1475, con la Flagellazione e la Madonna del Latte in gloria. Opera, o meglio opere, di un dinamismo che non perde smalto, nonostante il tempo. Che non perde tempo nonostante la visita. Che non stanca i piedi nonostante il cammino. Che rende l’uomo, nel modo più semplice per dirlo, felice.
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Gianni Micheli