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Attualità lunedì 23 dicembre 2019 ore 13:40
Scettro e corona di Cosimo a Palazzo Vecchio
Nella sala delle udienze di Palazzo Vecchio sono esposti i simboli del potere: il collare del Toson d’oro, lo scettro e la corona granducale
FIRENZE — I simboli del potere di Cosimo I dei Medici quali il Collare del Toson d’oro, lo Scettro e la Corona granducale realizzati dal maestro orafo fiorentino Paolo Penko, sono visibili nella sala delle udienze del Museo di Palazzo Vecchio, a Firenze, nell’ambito del percorso “Nel palazzo di Cosimo. I simboli del potere” ideato e curato da Carlo Francini e Valentina Zucchi. Un progetto speciale che intreccia linguaggi diversi per evidenziare lo strettissimo legame che Cosimo I de’ Medici ebbe con il suo palazzo ducale. L’iniziativa, a cura di Comune di Firenze e MUS.E in collaborazione con Paolo Penko e Fondazione Arte della Seta Lisio rientra nelle Celebrazioni per il Cinquecentenario dalla nascita di Cosimo I e Caterina de’ Medici, promosse da un Comitato organizzatore costituito da oltre venti istituzioni culturali cittadine e coordinato dal Comune di Firenze.
Paolo Penko ha spiegato "Da anni coltivavo il desiderio di realizzare la corona per Cosimo I. Avevo vent’anni quando ho iniziato a ricreare elementi legati alle arti visive, all’architettura, agli eventi storici e culturali del nostro territorio, con la volontà di rendere omaggio ai grandi maestri. L’idea della corona risale a sei anni fa, quando la BBC mi chiese di studiare e di ricreare il Toson d’oro e un dettaglio della corona per un documentario sui simboli del potere. Era una grande sfida: un lavoro importante per il quale servivano tempo, studio e ricerca. Grazie all’occasione del cinquecentenario della nascita di Cosimo de’ Medici, e all’idea di Carlo Francini di realizzare il percorso dedicato al Granduca Cosimo in Palazzo Vecchio, iniziai a lavorare al progetto insieme a mia moglie, ai miei figli e a tutti i giovani collaboratori, partendo dalla ricerca iconografica: ritrovare tutte le immagini dove erano rappresentate le corone, i testi in cui se ne parlava, per mettere insieme una forma e portare avanti una scelta stilistica precisa. Non si trattava di fare una copia perché la corona non esiste più, fu fusa immediatamente: si è trattato di ridarle vita, prendendo come riferimento la bolla di Pio V che la illustra. Ho passato un mese a studiare e sviluppare tutti i dettagli, tenendo conto anche delle tecniche e degli strumenti dell’epoca e confrontandomi con altri artigiani del territorio, alla ricerca di materiali e soluzioni in linea con quell’dell’epoca. Spero che questa impresa possa essere anche di esempio alle nuove generazioni: è l’esperienza di un artigiano che nel corso dei suoi trentacinque anni di attività è partito con le prime riproduzioni ed è arrivato a creare un’opera maestosa. All’ingresso della mia bottega c’è una frase che è proprio l’essenza del mio lavoro, ripresa da un antico statuto senese di pittori che dice “Et neuna cosa, quanto sia minima può avere cominciamento o fine senza questa queste tre cose, cioè senza potere, et senza sapere et senza con amore volere”. Ecco, “l’amor volere” è quello che muove il fare di tanti artigiani, anche giovani, da cui continuo a imparare».
Il maestro orafo Paolo Penko, dopo un accurato lavoro sulle fonti scritte e iconografiche, ha realizzato tre opere straordinarie: non si tratta di riproduzioni (non esistono infatti originali da poter riprodurre), ma di vere creazioni artigianali eseguite sulla base di una ricerca filologica complessa e grazie a un’altissima abilità tecnica. Tutti e tre gli oggetti vengono presentati su cuscini di velluto di pura seta, di cui uno arricchito con teletta d’oro, tutti tessuti manualmente su antichi telai Jacquard e adagiati su un centro-tavola in velluto cesellato operato con motivo cinquecentesco, in virtù della collaborazione con la Fondazione Arte della Seta Lisio, altra grande eccellenza fiorentina.
Il percorso “Nel palazzo di Cosimo. I simboli del potere” è visibile fino al 15 marzo 2020 e ripercorre idealmente, sala dopo sala, abitudini, significati e ruoli della vita della Reggia medicea. È a cura di Carlo Francini, responsabile ufficio UNESCO Comune di Firenze e di Valentina Zucchi, responsabile mediazione MUS.E, con catalogo Edifir.
Nominato Duca di Firenze nel 1537, Cosimo I definì la propria residenza nel palazzo del governo cittadino e nel maggio 1540 vi si trasferì con tutta la corte: a lui si devono importanti interventi di rinnovamento e ampliamento dell’edificio, coordinati dal 1555 in poi dall’architetto di corte Giorgio Vasari e realizzati grazie a una ben strutturata Fabbrica Medicea. Se la Sala Grande era il cuore di questa imponente architettura politica, teatro dei principali eventi e scenario ideale per accogliere personalità illustri, le sale che oggi compongono il percorso museale coniugavano efficacemente, nella seconda metà del XVI secolo, finalità propagandistiche e bisogni pratici: agli appartamenti ducali si affiancavano quelli per gli ospiti, alle sale di pubblica visibilità quelle di guardaroba medicea.
Il Collare del Toson d’oro, conferito a Cosimo da Carlo V nel 1546, è stato realizzato così come rappresentato nel ritratto del Duca della collezione Castello Odescalchi di Bracciano (1551): è composto di 25 acciarini intrecciati, alternati a elementi che simulano le pietre focaie circondate da fiamme; il pendente riproduce il Tosone, correlato alla leggenda del Vello d’oro.
Lo Scettro Granducale è stato eseguito in conformità con il grande dipinto su lavagna di Jacopo Ligozzi (1590 circa), raffigurante proprio l’incoronazione granducale di Cosimo avvenuta a Roma nel marzo 1570, e con i ritratti di Cosimo Granduca, quali i dipinti di Giovan Battista Naldini (Gallerie degli Uffizi, 1585) e di Ludovico Cardi detto il Cigoli (Palazzo Medici Riccardi, 1603).
La Corona Granducale, prezioso esemplare di arte orafa, riproduce invece il disegno presente nella Bolla Papale di Pio V del 24 agosto 1569, custodita presso l’Archivio di Stato di Firenze: ha 19 punte, alternate in argento e oro con pietre ed elementi decorativi; al centro fiorisce il Giglio fiorentino, smaltato in rosso con lumeggiature dorate. Sotto si trovano un astragalo con perline e un fregio di dentelli con perle e ovuli smaltati, mentre nella fascia centrale è riportata la seguente scritta, cesellata e incisa a bulino: Pius V. Pont. Max. ob eximiam dilectionem ac catholicae religionis zelum praecipuumque iustitiae studim donavit (Pio V Sommo Pontefice donò per l’eccezionale devozione e per lo zelo nei confronti della religione cattolica e per il particolarissimo amore della giustizia). Al centro della fascia spicca un cammeo in calcedonio sardonice, sul quale è intagliata la personificazione del fiume Arno. Inferiormente vi è una modanatura con smeraldi e ioliti in castoni, distanziati da perle.
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