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Lavoro giovedì 20 ottobre 2022 ore 09:30

"Non vendiamo cianfrusaglie" ambulanti in rivolta

L'Associazione nazionale ambulanti scrive al sindaco per replicare all'accusa di vendere "cianfrusaglie" e rivolge un appello sul rinnovo dei banchi



FIRENZE — La crisi seguita alla pandemia non sarebbe in ripresa per gli ambulanti fiorentini che, nonostante il ritorno dei turisti, si trovano a dover sostenere spese ritenute proibitive e non accettano di essere identificati come "venditori di cianfrusaglie" è quanto segnala la Associazione Nazionale Ambulanti che ha scritto una lettera al sindaco metropolitano Dario Nardella dopo un video su Facebook e rivolto un appello al Comune di Firenze che impone il rinnovo delle bancarelle.

Ad aver infastidito la categoria sarebbe stato un video pubblicato dal sindaco nel quale si definiscono gli ex banchi di piazza San Firenze un "mercatino turistico di cianfrusaglie". 

Il presidente Ana Regione Toscana, Vittorio Pasqua, punta il dito sulla richiesta dell'amministrazione fiorentina di "rinnovare i banchi" e firma una lettera al sindaco di Firenze "Abbiamo ascoltato il video pubblicato nel vostro profilo Facebook lunedì 10 Ottobre e siamo rimasti basiti, per il cumulo di inesattezze e per la descrizione dei mercati che rappresentano una città che non esiste nella realtà. A suo dire gli ambulanti di Firenze venderebbero paccottiglia. L’Associazione ANA-UGL difenderà non solo gli ambulanti dalle accuse gratuite e pesanti che gli sono piovute addosso senza ragione ma più complessivamente per difendere l’economia e l’immagine di questa splendida città che è Firenze. Caro Sindaco gli ambulanti non meritavano una descrizione così pessima".

E ancora "Noi di ANA-UGL, che rappresentiamo una buona parte dei circa 500 ambulanti che svolgono la loro attività nel centro storico di una delle più belle città del mondo siamo offesi da quelle accuse e da quella pessima e cattiva rappresentazione. Lei sa benissimo che nel mercato storico della Paglia (il mercato di San Lorenzo, sorto nel ‘700 nel sagrato della omonima Basilica) o in quello del Porcellino, non si vende paccottiglia ma prodotti della pelletteria (borse, cinte, astucci porta occhiali ecc.) che sono prodotti dalle concerie di Santa Croce sull’Arno; si commerciano foulard e cravatte realizzati nel distretto tessile di Prato, o in quello di Como; si vendono i famosi cappelli in paglia intrecciata realizzati nei laboratori di Campi Bisenzio, di Calenzano e di Osmannoro. Gli ambulanti di Firenze quindi sono l’anello terminale di quelle che economicamente vengono definite “filiere produttive”, e dunque le alimentano e le sostengono attraverso il loro commercio. Definire paccottiglia tutto ciò è non solo sbagliato ma costituisce uno schiaffo al sistema produttivo della nostra Regione che sta tentando di superare gli affetti causati dalla pandemia, ed ora dalla guerra che ha ridotto i flussi turistici dall’Est, e che sta combattendo per resistere alla concorrenza sfrenata delle vendite on-line che, invece, propinano a basso costo prodotti di dubbia provenienza. Lei forse ignora che nel centro storico di Firenze ci sono luoghi, vicoli o Piazze dove svolgono la loro attività circa 10 ambulanti che commerciano alcuni dei prodotti tipici della nostra terra: il lampredotto, la trippa o il lesso e che accompagnano questi piatti della cucina tipica delle massaie con del buon vino chianti. Come si può ignorare questa presenza e questa peculiarità – questa vera specificità – che si offre ogni giorno ai turisti di Firenze? E Firenze non offre più nulla di diverso da quello che i turisti trovano in altre città importanti del Mondo. Ed i mercati e gli ambulanti costituiscono la vera ed unica diversità, con i loro colori, con i loro prodotti, con la loro attrattività che li rende luoghi di incontro e di socialità. Perché non ci si interroga sulla crisi del nostro settore e del fatto che, in Toscana, negli ultimi due anni circa 700 piccoli attività ambulanti hanno chiuso la loro attività? Perché non ci si domanda se – in questo momento storico – è davvero necessario procedere all’ammodernamento dei banchi di vendita dei mercati storici, moltissimi dei quali realizzati su misura da mastri falegnami nel ‘900 e persino nell’800? E prioritario oggi, costringere circa 500 ambulanti a sostenere onerosi costi per sostituire i loro banchi di vendita o, non sarebbe più opportuno, fermarsi a riflettere e magari rimandare la decisione? Caro Sindaco, lei dovrebbe anche sapere che molte delle linee di abbigliamento e accessori nati negli ultimi10-15 anni che svolgono il loro lavoro in moltissimi negozi nel centro storico di Firenze producono tutta la loro merce fuori dall’Italia in paesi in via di sviluppo sfruttando milioni di lavoratori con la loro manodopera vendendo merce a basso prezzo ancora meno della paccottiglia dei commercianti ambulanti. Noi amiamo Firenze ed amiamo il lavoro ambulante, che viene svolto con tanto sacrificio datante persone che ogni mattina mettono la sveglia alle 5 e scommettono sulla città, e mai si sognerebbero di porre in essere azioni lesive della loro attività e della immagine della città. Ecco perché reagiamo e la invitiamo a riflettere sui contenuti della nostra lettera e siamo disponibili anche ad un incontro per discutere quali azioni si possono mettere in campo per migliorare la condizione del commercio ambulante, senza innamorarci degli slogan, delle scorciatoie o delle fughe in avanti. Parliamo dei mercati, delle condizioni in cui versano, e dei problemi che vivono quotidianamente gli ambulanti nella nostra città. Parliamo del commercio e dei prodotti in vendita e vedrete che discutiamo non solo del presente ma anche del futuro delle nostre attività e dello sviluppo dell’economia di Firenze e del territorio. Così facendo parleremo del cosiddetto “indotto”, cioè di quegli agglomerati industriali di piccole e medie attività artigianali, molto spesso a conduzione familiare, che da decenni si sono specializzate nella lavorazione e nella produzione dei prodotti in pelle, della stoffa e molto altro. Vengono definiti “distretti” e sono noti in tutto il mondo per la loro forza economica e per la sinergia che sviluppano nei sistemi produttivi e nella commercializzazione e distribuzione. Essi sono il fiore all’occhiello della nostra economia .E dire – in senso dispregiativo - che i loro prodotti sarebbero “paccottiglia” è una offesa ed un danno a tutti noi ed un danno a Firenze e, sicuramente, alla economia della Toscana e dell’Italia". 


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