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Attualità giovedì 08 ottobre 2020 ore 14:14

"Leonardo ha dipinto la Battaglia, ecco le prove"

Un esperto di Leonardo da Vinci, Riccardo Magnani, difende l'opera e a QUInewsFirenze illustra le prove della realizzazione del famoso dipinto perduto



FIRENZE — La Battaglia di Anghiari, il capolavoro di Leonardo da Vinci perduto tra le intercapedini di Palazzo Vecchio, è stato effettivamente realizzato nel 1500, ne è sicuro uno storico che non accetta l'ipotesi dell'inesistenza dell'opera.

"Leonardo non ha mai dipinto la Battaglia di Anghiari nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio", questo il risultato di uno studio compiuto da quattro esperti che hanno presentato le loro deduzioni durante una conferenza agli Uffizi, una dichiarazione shock che ha messo in discussione non solo recenti ricerche scientifiche volte proprio a rinvenire tracce dell'opera sotto l'affresco di Giorgio Vasari ma la leggenda stessa che da anni accompagna il mito del Genio di Vinci.

QUInewsFirenze ha contattato Riccardo Magnani, esperto di Leonardo e curatore di numerosi seminari sull'opera leonardiana, per commentare la sensazionale scoperta. 

Un'opera grandiosa, affascinante ma inafferrabile. Solo un mito della storia dell'arte, o c'è di più?

"Vorrei ricordare che del cartone preparatorio dell'opera, copiato da diversi artisti tra i quali Rubens, e soprattutto del dipinto stesso abbiamo diverse testimonianze scritte da parte dei biografi dell'epoca. Leonardo, all'epoca in cui ricevette la commissione nel 1503, è per la città un vero e proprio eroe con tanto di statua sul Battistero a sua immagine e somiglianza.  Alla commissione di questo dipinto si riferisce un appunto ritrovato nel 2005 dal professor Veit Probst, storico e direttore della Biblioteca Universitaria di Heidelberg, scritta nel 1503 dal cancelliere fiorentino Agostino Vespucci a margine di un libro contenente una raccolta di lettere dell'oratore romano Marco Tullio Cicerone e conservata presso la prestigiosa Università tedesca: "Come il pittore Apelle. Così fa Leonardo da Vinci in tutti i suoi dipinti, ad esempio per la testa di Lisa del Giocondo e di Anna, la madre della Vergine. Vedremo cosa ha intenzione di fare per quanto riguarda la Grande Sala del Consiglio, di cui ha appena siglato un accordo con il Gonfaloniere". Del cartone preparatorio dell'opera effettivamente ne parlò il Vasari, dicendo che era talmente bello e innovativo per via di alcune soluzioni semovibili che lo rendevano dinamico, e già la gente accorreva per vedere solo quello". 

L'affresco fu mai realizzato? 

"Abbiamo più d'una testimonianza diretta. Paolo Giovio vide i resti del dipinto e ne lasciò una viva descrizione nella biografia sulla vita di Leonardo, scritta tra il 1523 e il 1527: "Nella sala del Consiglio della Signoria fiorentina rimane una battaglia e vittoria sui Pisani, magnifica ma sventuratamente incompiuta a causa di un difetto dell'intonaco che rigettava con singolare ostinazione i colori sciolti in olio di noce. Ma il rammarico per il danno inatteso sembra avere straordinariamente accresciuto il fascino dell'opera interrotta". Una seconda volta, invece, è l'autore dell'Anonimo Gaddiano, manoscritto del 1540 circa conservato in originale alla Biblioteca Nazionale di Firenze, a fare chiaramente riferimento alla sala Grande del Consiglio: "Fece per dipingere nella sala Grande del Consiglio del palazzo di Firenze il cartone della guerra de Fiorentinj, quando ruppono a Anghiari Niccholo Picci(ni)no, capitano del duca Filippo di Milano, il quale comincio a mettere in opera in detto luogho, come anchora oggi si vede, et con vernice". Una terza volta è il Vasari a parlarne, nella prima stesura de Le Vite del 1550 edita da Torrentini, quella libera dalle censure imposte nel 1568 da Pio V e Cosimo I: "Et imaginandosi di volere a olio colorire in muro, fece una composizione d’una mistura sí grossa, per lo incollato del muro, che continuando a dipignere in detta sala, cominciò a colare, di maniera che in breve tempo abbandonò quella".  

Esistono testimonianze oculari dunque 

"Vorrei si smettesse di speculare su Leonardo continuando a perpetrare una mistificazione di ciò che egli fu e fece in ordine solo a quell'imperativo imposto dalla Chiesa per arginare il movimento neoplatonico che è alla base del Rinascimento, di cui Leonardo fu un riferimento primo e assoluto per tutti i suoi contemporanei. Così facendo non si fa un buon servizio né alla città di Firenze e nemmeno all'arte e alla storia che ne hanno fatto riferimento primo nello sviluppo politico, economico e sociale che ha concorso a formare la moderna società". 


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