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Attualità lunedì 01 marzo 2021 ore 12:24

Catena umana tricolore contro la crisi da Covid

Commercianti ed esercenti sono usciti in strada formando una catena umana per protestare contro la crisi del settore dovuta all'emergenza sanitaria



FIRENZE — Una lunga “catena umana” formata da circa 400 persone tra titolari e dipendenti di imprese del commercio, turismo e servizi, collaboratori, fornitori, liberi professionisti e semplici cittadini si è snodata da via Verdi fino a piazza Duomo, di fronte alla presidenza della Regione Toscana, passando per Borgo degli Albizi e via del Proconsolo.

“Se il Governo continua, dopo un anno, a non garantire il diritto al lavoro in nome della salute, avrà sulle spalle la responsabilità civile, morale e sociale della distruzione economica del nostro Paese”, dicono con fermezza i presidenti della Confcommercio di Firenze Aldo Cursano e di Confesercenti Claudio Bianchi, che hanno coordinato la manifestazione fiorentina insieme ai loro direttori Franco Marinoni e Alberto Marini.

Il via al “flash mob” di fronte al ristorante La Maremma di via Verdi, diventato luogo-simbolo della disperazione degli imprenditori dopo l’estremo gesto del suo titolare, che si è tolto la vita nell’Agosto scorso e che è stato ricordato anche da sua moglie, presente alla mobilitazione di stamani. E ad un altro imprenditore tragicamente scomparso nei giorni scorsi, l’agente di viaggio di Seano, i colleghi fiorentini hanno voluto rendere omaggio con una corona posta lungo il percorso. 

I dirigenti di Confcommercio e Confesercenti hanno camminato insieme lungo le strade lungo le quali si snodava la “catena umana”: piazza Salvemini, Borgo degli Albizi, via del Proconsolo, fino ad arrivare in piazza Duomo 10, di fronte alla Presidenza della Regione Toscana, dove erano attesi dall’assessore alla attività produttive Leonardo Marras, che ha espresso la solidarietà del governo regionale alle ragioni della protesta. Infine, si sono recati in Prefettura per consegnare nelle mani del prefetto Alessandra Guidi il documento unitario contenente dieci richieste degli imprenditori del terziario, con la preghiera che il massimo esponente locale dello Stato se ne faccia portavoce presso il governo nazionale.

“Dieci richieste ma che possono riassumersi in due principali: poter tornare tutti al lavoro, pur con le regole e limitazioni imposte dalla necessità di arginare la pandemia, e avere ristori dignitosi e sufficienti per tirare avanti continuando a garantire l’occupazione” hanno detto i presidenti Cursano e Bianchi.

Una nota congiunta recita “L’emergenza pandemica non è più solo sanitaria, ma è diventata anche economica, in maniera sempre più drammatica con il passare dei mesi, abbiamo accettato con grande senso di responsabilità tutte le misure di sicurezza che venivano imposte alle nostre attività dal Governo, investendo tempo e denaro. Ma la pandemia non si è arrestata e pare purtroppo ancora lontano il momento in cui potremo dirci completamente fuori dal pericolo. Il piano vaccinale va avanti ancora troppo lentamente e le nostre imprese continuano ad arrancare attingendo ai risparmi personali (i pochi rimasti) dei titolari, ai fidi bancari (che vengono erogati sempre meno) e ai pochi ristori arrivati dal Governo e dalla Regione Toscana”. Da qui la preoccupazione “per il futuro delle nostre imprese ma anche per quello dell’occupazione, soprattutto alla luce dell’eventuale sblocco al divieto dei licenziamenti”. Poi, gli interrogativi: “non comprendiamo perché, di tutti i settori economici esistenti, solo il nostro sia stato colpito così duramente dalle restrizioni e dalle chiusure. Mentre interi comparti del terziario sono stati completamente bloccati (si vedano le palestre, i cinema, i teatri, le discoteche, il settore degli eventi) o possono lavorare solo a singhiozzo e a regime ridotto (ad esempio, i pubblici esercizi o i negozi di moda), imprese di altri settori sono rimaste ferme solo per poco più di 15 giorni. Come se il pericolo di assembramenti e contagi riguardasse esclusivamente le aziende ed i lavoratori del terziario”.

La conclusione “Lo Stato non può scaricare sulle nostre spalle tutto il peso di una situazione drammatica, come se la diffusione del contagio dipendesse dalla nostra attività. Se così fosse, la pandemia sarebbe già conclusa da tempo, invece i contagi continuano anche quando le nostre aziende sono chiuse. Le nostre attività si svolgono in luoghi controllati e controllabili. Se è necessario il vaccino, chiediamo di essere vaccinati. Se si devono rivedere i protocolli, siamo pronti a rivederli. Ma questo deve servire a ridarci la dignità del lavoro. Noi siamo convinti che salute e lavoro possano e debbano convivere. Ma, soprattutto, pensiamo che il futuro non si chiude”.

Il documento consegnato al prefetto di Firenze, il medesimo che nello stesso momento è stato consegnato ai prefetti di tutte le altre città toscane coinvolte nella mobilitazione, si conclude dunque con le dieci richieste: "ristori immediati parametrati sulla perdita di fatturato, riapertura immediata in sicurezza di tutte le attività chiuse, moratoria fiscale per gli anni 2020-2021, proroga della cassa integrazione e della moratoria dei mutui e finanziamenti fino al 31 dicembre 2021, rimodulazione delle locazioni commerciali e blocco degli sfratti, taglio del cuneo fiscale che grava sulle imprese, creazione di un piano “ripartenza” per il terziario, vaccinazione immediata di imprenditori e addetti del terziario, pagamento immediato di tutti i bonus ristori e indennizzi sospesi e passaporto sanitario europeo per spostamenti Ue".

La manifestazione, organizzata a livello regionale da Confcommercio Toscana e Confesercenti Toscana, si è tenuta in contemporanea in undici città toscane, anche Arezzo, Grosseto, Massa, Livorno, Lucca, Pisa, Pistoia, Prato, Siena e Viareggio. 


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