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Cultura lunedì 25 novembre 2019 ore 17:08

We stand TogetHER, Firenze per le donne

Progetti speciali del Museo del Novecento in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne



FIRENZE — In occasione dell’International Day for the Elimination of Violence against Women che si celebra oggi, il Museo Novecento e il suo direttore artistico Sergio Risaliti hanno presentato - di concerto con l’assessorato ai diritti e alle pari opportunità e all’assessorato alla cultura del Comune di Firenze - una serie di progetti speciali riuniti sotto il titolo provocatorio We Stand TogetHER tesi a rendere questa celebrazione ancor più attuale, oltre che simbolica, coinvolgendo alcune artiste contemporanee. Il programma intende ampliare e approfondire la riflessione attorno a questa giornata, sottolineando l’importanza di un impegno sociale, politico e culturale contro ogni tipo di violenza e discriminazione sessuale.

Ospite d’onore della giornata è stata Valie Export, la cui pratica ha sempre riflettuto su questioni legate all’identità di genere, mettendo in discussione stereotipi e istanze contro la libertà di espressione e la sessualità. Performer, regista e fotografa, l’austriaca Valie Export, all’anagrafe Waltraud Lehner (Linz, 1940), è tra le artiste più note del panorama artistico contemporaneo, punto di riferimento per le artiste delle generazioni successive. Basti ricordare che Marina Abramovic in occasione della sua mostra al Museo Guggenheim di New York ha reinterpretato una delle più celebri performance di Valie Export inserendola tra le sei opere performative fondamentali del secolo scorso.

All’interno della Sala D’Arme di Palazzo Vecchio sono state proiettate in loop alcune delle opere video dell’artista si è tenuto un talk che, sotto forma di dialogo con la curatrice Paola Ugolini e l’artista Silvia Giambrone (Agrigento, 1981), ha offerto spunti di riflessione sulle tematiche legate al corpo, all’identità e al genere.

La pratica di Valie Export - inaugurata all’inizio degli anni Settanta quando rinuncia al cognome paterno per adottare uno pseudonimo che cita una nota marca di sigarette di allora - è improntata in primo luogo sulle tematiche del femminismo, di cui è stata attivista ed esponente di punta, e delle mercificazione dell’arte e del corpo, oggetto primario di molte sue azioni e lavori.

Nelle sale della collezione permanente al secondo piano del Museo Novecento sono state invece esposte due opere di Silvia Giambrone (che rimarranno visibili fino al 9 gennaio 2020) che affrontano i temi sia dell’addomesticamento alla violenza, sia dei tabù che circondano questa pulsione. Utilizzando diversi medium espressivi fra cui il video, il disegno, il collage, la scultura, la fotografia e la performance, l’artista conduce nelle sue opere ad una riflessione sui rapporti e sugli squilibri di potere che avvelenano le relazioni umane. Le sue installazioni rappresentano spesso feroci incursioni nel privato che rendono ancora più evidente come spesso la violenza, parafrasando Hannah Arendt, sia quasi banale nella sua superficiale malvagità. All’interno della Sala Cinema del Museo invece, sono stateproiettate una selezione di opere di Valie Export e Silvia Giambrone.

Infine il Cortile di Michelozzo di Palazzo Vecchio ha ospitato l’installazione Il luogo più pericoloso, delle artiste Silvia Levenson e Natalia Saurin, composta da 94 piatti di ceramica decorati con frasi estrapolate dai media e usate spesso per minimizzare episodi di cronaca legati alla violenza. L’intervento testimonia di una guerra consumata spesso all’interno delle mura domestiche, e riecheggia nel numero 94, che ricorda le donne uccise in Italia nel 2019. Sono frasi o parole che parlano di desiderio, di controllo, di rapporto di potere, pronunciate da uomini incapaci di gestire il rifiuto o il fallimento di una relazione sentimentale, a testimoniare che il femminicidio non è la conseguenza di un improvviso e momentaneo impulso violento ma l’esito di un lungo processo e di una cultura di violenze.

“Una giornata simbolica come quella odierna che, grazie all’arte, prende vita portandoci a riflettere su un tema così ancora drammaticamente attuale” ha detto l’assessore a diritti e pari opportunità del Comune di Firenze Sara Funaro. “La violenza che subiscono le donne fuori e dentro le mura di casa è una piaga della nostra società – ha aggiunto – e i numeri lo dimostrano. Tre donne uccise ogni settimana in Italia, con 142 vittime nel corso del 2018, una enormità. Per questo, come Comune, appoggiamo iniziative di sensibilizzazione come questa, oltre a appoggiare varie associazioni cittadine ad aiutare le donne che subiscono violenza”.

“Nella Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne – sottolinea l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi - Firenze prende una posizione forte e chiara e lo fa esprimendosi nella lingua che più le si addice, la lingua dell’arte. Per questo il cortile di Michelozzo ha ospitato l’installazione delle artiste Levenson e Saurin: 94 piatti in ceramica, tanti quante le donne uccise in Italia nel solo 2019, decorati con le frasi che più fanno male, quelle usate dai media per sminuire o per “normalizzare” la violenza sulle donne, una violenza intollerabile che normale non può e non deve essere. Ci teniamo poi particolarmente all’intervento nell’attigua Sala d’Arme e al Museo Novecento di Valie Export, iconica artista che con le sue immagini spregiudicate, irriverenti e senza tempo, punta il dito contro i nostri stereotipi di genere e ci invita, una volta di più, a riflettere su questa grave epidemia che non conosce crisi in Italia”.

“In questi anni abbiamo deciso di occupare lo spazio simbolico di eventi collettivi, restituendo all’arte e agli artisti una centralità di espressione e denuncia in modo da svuotare di troppa inutile retorica le celebrazioni - ha detto il direttore artistico del Museo Novecento Sergio Risaliti - . La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne deve essere percepita come una rivolta contro il linguaggio, i gesti, i comportamenti e le azioni che umiliano, marginalizzano, sottomettono e violentano le donne e il femminile, ma anche contro ogni azione intesa per offendere l’alterità sulla base di discriminazioni di genere o razziali. Non possiamo tacere di fronte a quella che è una vera e propria guerra civile. Nel 2018 le donne uccise nel nostro paese sono state ben 142, nel 2019 ne sono decedute già 94, senza contare le donne ferite non solo nel corpo ma nell’anima, poiché esiste una violenza che uccide anche con i piccoli gesti e le parole. È un onore avere ospitato Valie Export, paladina del femminismo, attivista e punto di riferimento per ogni generazione successiva in arte. Le sue performance e azioni hanno svelato in modo diretto la dismisura del potere maschile perpetuato a tutti i livelli nella cultura e nella società, nelle famiglie e tra le coppie. Abbiamo però voluto confrontare il linguaggio artistico e performativo della sua generazione, che ha dovuto abbattere muri, con la pratica e le opere della generazione attuale rappresentata dalle artiste Silvia Giambrone, Silvia Levenson e Natalia Saurin.In una società in cui come ha spiegato Foucault l’esercizio del “controllo e del potere” è tanto più pervasivo quanto più è invisibile, il potere maschile continua ad essere agito e perpetuato in maniera spesso silente ma continuativa, salvo esplodere con violenza fino a portare al delitto tutte le volte che rinuncia a un confronto paritario con l’altro sesso e non tollera la sua libertà e la non dipendenza”.


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