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Attualità giovedì 05 novembre 2020 ore 17:35

Disastro moda, fashion toscano stremato dal Covid

Crolla anche la pelletteria oltre al tessile, gli operatori del settore lanciano l'allarme per la crisi del comparto che sostiene l'economia toscana



FIRENZE — Il comparto tessile toscano ha suonato un campanello di allarme per il settore strategico che incide sul prodotto interno lordo.

Sono 17.620 in Toscana le imprese attive del tessile, abbigliamento e calzature 6.195 delle quali nella Città Metropolitana di Firenze, per il 61 per cento artigiane: l’1,5 per cento in meno di un anno fa, è questa la fotografia del settore offerta da Cna Federmoda. Il punto di non ritorno nel crollo di nuove imprese registrate a Settembre 2020: il 36 per cento in meno rispetto al 2019 in Toscana. A Firenze, invece, se l’abbigliamento resiste, crollano le nuove imprese di tessile con un meno 40 per cento rispetto ad un anno fa e pelletteria con il meno 26 per cento.

La Confederazione degli artigiani ha definito la situazione una "Caporetto del fashion, che si traduce in un calo di fatturato del 2020 stimato dal 35 al 60 per cento e in un’ulteriore previsione sulla Primavera-Estate 2021 dal 50 al 70 per cento". “Stiamo parlando di 4 stagioni, che significano due anni di investimenti senza ritorno - ha detto Marco Landi, fiorentino e Presidente Nazionale CNA Federmoda -. É necessario adottare fin da subito una strategia della resistenza per preservare il settore, garantendo una moratoria finanziaria e contributiva per 18 mesi a partire da Gennaio 2021, periodo che rappresenta il ciclo finanziario standard per un’azienda di abbigliamento, e l’adozione degli ammortizzatori sociali per tutto il 2021. Importantissima l’introduzione di un’agevolazione fiscale sull’acquisto di prodotti Made in Italy che si porrebbe come un naturale volano di una campagna di sensibilizzazione all’acquisto dei prodotti moda Made in Italy".

La Filctem CGIL di Firenze ha denunciato "l’intollerabile situazione che stanno vivendo i lavoratori del comparto artigianato, in attesa ormai da mesi dell’assegno di integrazione salariale da parte dell’ente bilaterale FSBA. Si parla di cifre che non arrivano a mille euro al mese; in Toscana - stima sui dati Ebret - sono coinvolte circa 13mila persone nel settore moda e circa 80mila considerando il settore moda e anche gli altri comparti dalla meccanica al lapideo fino al legno". Alessandro Lippi della Filctem CGIL ha commentato "E' impensabile che si trovino le risorse per vacanze e monopattini e non per rispondere alle legittime aspettative di questi lavoratori che rischiano di sprofondare in un abisso di frustrazione, in attesa di avere e come promesso, il pagamento dell’ammortizzatore sociale fermo a Maggio/Giugno e siamo ormai a Novembre. Siamo ormai al paradosso che alcuni dipendenti chiedono espressamente di essere licenziati anche con motivazioni di giusta causa, pur di ricevere almeno il sussidio di disoccupazione. Oppure si dicono disponibili di pagare loro, al posto dell’azienda, il contributo dovuto all’Inps in caso di licenziamento. Pagare per essere licenziati! È una vergogna da risolvere". 

Oltre alla parte produttiva anche la distribuzione e vendita è in crisi e la presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio Toscana Federica Grassini ha commenato “Siamo tra i grandi dimenticati di questo periodo, per noi niente ristori ma le vendite sono crollate.

Non siamo fantasmi” è lo slogan scelto da Federazione Moda Italia-Confcommercio. “La crisi si fa ogni giorno più grave, ma i decreti che si susseguono non fanno menzione di noi - spiega la presidente Federica Grassini, - siamo tra i grandi dimenticati di questo periodo: per noi niente ristori, ma le vendite sono crollate fino all’80% rispetto all’anno scorso. Di questo passo l’Italia rischia di perdere definitivamente almeno 20mila negozi e 50mila occupati. In Toscana sono a rischio il 25% dei circa 6.500 negozi di calzature e abbigliamento che animano i nostri centri storici (1.800 solo in provincia di Firenze), ai quali vanno sommate oltre 2.600 imprese di commercio all’ingrosso. Hanno interrotto le cerimonie, ma nulla è stato previsto per sostenere i negozianti specializzati nelle vendite di capi eleganti; hanno sospeso molte attività sportive, ma i negozi di abbigliamento sportivo per ora non hanno alcun diritto ad un “risarcimento”. I flussi turistici si sono drasticamente ridotti e abbiamo sofferto moltissimo la mancanza degli stranieri, che amano acquistare prodotti made in Italy. Più in generale, il venir meno delle occasioni sociali di incontro come una cena fuori, poi la ripresa forte dello smart working e l’ipotesi di nuovi lockdown hanno praticamente paralizzato le vendite. Se a questo ci si aggiunge il timore per il futuro, si capisce bene come uno dei primi settori di consumo sacrificati sia stato il nostro”. Tra le richieste della confederazione al Governo figurano:contributi a fondo perduto, liquidità dalle banche, credito d’imposta per gli affitti, condono tombale sui versamenti tributari e contributivi, detassazione e rottamazione dei magazzini, sospensione dei mutui e leasing bancari, prosecuzione della cassa integrazione fino a tutto il 2021. 


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