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Aghi

di - sabato 06 novembre 2021 ore 08:00

L’esistenza è un ricamo e noi viviamo al di sotto di esso. All’interno di un mondo che ci avvolge teneramente, protegge o opprime, ognuno di noi vede di quel ricamo solo nodi e fili sparsi qui e là di colore diverso e forme differenti. L’essere umano inizia dunque a vivere cercando di sciogliere quei nodi, respirando sui piccoli fili che si spezzano nel tempo, sorridendo a qualche nodo che si risolve o piangendo disperatamente quando rimane ingabbiato con le sue stesse mani, ancora di più, in quell’intreccio. Le sue mani di vita incarnata diventano quotidianamente altri fili di quel ricamo di nodi d’esistenza.

Siamo in un ricamo e siamo parte stessa dei fili che lo compongono: la nostra pelle, le nostre ossa, i nostri volti, le nostre parole ed azioni sono fili che si aggrovigliano e danno vita ad un esistere sottoforma di pensiero ed azione, dimensioni strettamente connesse e correlate.

Non c’è pensiero infatti che non si rispecchi nell’agire: come sosteneva Aldo Capitini, è l’azione stessa a rendere visibile la persona, che è sempre domanda che attende di essere tradotta a parole e quindi compresa, portata alla luce davanti al complesso ricamo dell’esistenza.

Il mondo del lavoro è il luogo dell’azione e della relazione per eccellenza: elementi questi che permettono l’identificazione e che fanno emergere la singolarità. L’azione assegna un tu all’individuo stesso e lo consegna tra le braccia dell’alterità: ognuno è in una comunità ( famiglia, società,posto di lavoro, scuola…) e ogni individuo è più cose insieme, è costituito internamente ed esternamente da molteplicità ( sfumature di carattere, pregi, difetti, gusti ecc).

« Entro l’azione vedo la persona, quell’anima venuta alla luce a combattere, e io le dico, guardando il suo dramma: tu sei» (da Aldo Capitini, Scritti filosofici e religiosi, p. 95), questo “ tu sei” è l’individualità che nasce per mezzo di altri e che rappresenta la missione del lavoro del filosofo nella società contemporanea: riaccendere il tu attraverso le dinamiche quotidiane all’interno di contesti lavorativi e dunque relazionali.

Dunque come bisogna agire all’interno di questo ricamo dove riceviamo un io di dignità ma carico di responsabilità, incomprensioni, necessità di giustizia e di costante custodia?

Lasciarsi trasformare dall’uso del pensiero critico in “ aghi”. In che senso? Nel mondo delle sue azioni e della sua vita, ricamo d’esistenza di nodi e fili intrecciati, l’essere umano deve divenire “ago”, nel senso di essere strumento che permette il passaggio tra filo e tessuto, ovvero un “io” la cui azione ha in sé interiorità( tessuto) ed esteriorità (filo di qualsiasi comunità, gruppo e ambiente sociale) e che è frutto della commistione di comunità ed anima; un individuo dunque che, tramite il suo agire delicato ma pungente, si scopra membro fondamentale, filo che deve aprirsi al mondo con la sua azione rinnovata e quindi, divenire “ago”costruttore di ricami d’esistenza che hanno in sé difficoltà di nodi di relazioni e, nel contempo, bellezza di straordinari disegni di vita che si genera solo a partire da quella stessa complessità.

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