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Cultura mercoledì 10 gennaio 2024 ore 08:09

Il nero assoluto di Anish Kapoor

C’è ancora tempo fino al 4 febbraio per visitare “Untrue, Unreal” la mostra in corso a Palazzo Strozzi dell'artista indiano



FIRENZE — Si chiama Vantablack ed è il nero assoluto. Assorbe almeno il 99,965% della radiazione luminosa ma non è un buco nero.

Vantablack è un colore, un colore a base di nanotubi di carbonio di un nero talmente nero che l’occhio umano non riesce a cogliere e distinguere la tridimensionalità, i contorni e le forme degli oggetti dipinti con tale pigmento.

Vantablack è brevettato e non è liberamente utilizzabile perché Anish Kapoor ne ha acquisito in esclusiva i diritti di utilizzo in campo artistico.

A tutti gli altri il nero assoluto è precluso, negato, tanto che a suo tempo la comunità artistica è insorta.

L’artista anglo-indiano Anish Kapoor ha preso il Vantablack e lo ha usato per concepire e realizzare opere d’arte che fino al 4 febbraio si trovano esposte nelle sale centrali di Palazzo Strozzi a Firenze, opere che sembrano inghiottire chi si avvicina.

“tradizionalmente un pittore fa apparire le cose” ha dichiarato una volta Kapoor “La mia missione è esattamente l’opposto, riguarda la dissoluzione degli oggetti”.

“Ovviamente tutta l’arte è illusionistica, non possiamo farci niente. E’ un trucco. Questo è il gioco dell’artista. L’arte è finzione. E non è forse questa finzione portatrice di una verità più profonda di questa cosa che chiamiamo realtà?”.

Ma a Palazzo Strozzi l’artista nato a Mumbai nel 1954 non ha portato solo il nero assoluto.

Anish Kapoor ha occupato gli spazi rinascimentali del palazzo con opere che seducono e che si fondono alla perfezione con il cortile interno, le stanze dai soffitti alti e le finestre enormi attraversate dalla luce del cielo fiorentino.

È l’irreale (unreal) che si mescola con l’inverosimile (untrue), un invito seducente ad esplorare un mondo in cui i confini tra vero e falso si dissolvono, aprendo le porte alla dimensione dell’impossibile, a contatto con opere che stordiscono tra superfici assorbenti e riflettenti, tra forme geometriche e masse biomorfe, tra spazi vuoti e spazi pieni.

La verità è sempre oltre le apparenze e nella mostra dedicata ad Anish Kapoor tutto ciò è tangibile fin dal cortile di Palazzo Strozzi dove è stato eretto il “Void Pavillon VII”, un padiglione bianchissimo concepito appositamente per l’esposizione di Firenze che racchiude tre spazi neri, tre squarci potenti sull’oscurità.

Al primo piano dei severi ambienti del palazzo arriva poi dritta al cuore ed al cervello la prima grande emozione, complessa ed inquieta.

E’ per colpa o merito dell’enorme “Svayambhu” (“sorto da sé” in sanscrito) del 2007, un monolite di cera e vernice rossa a base di olio che si muove lentamente su dei binari fino ad oltrepassare “spaccandola” la porta rinascimentale dell’ampio locale che lo ospita per farsi spazio nella stanza successiva, lasciando traccia del proprio passaggio, diventando metafora di nascita ma anche evocando immagini di morte e violenza.

Il rosso è un colore ricorrente nella vita artistica di Anish Kapoor, nel suo duplice valore espressivo di vita e di morte.

“il rosso è sangue. Il rosso fa parte del mio lavoro da moltissimo tempo” raccontò l’artista a Venezia in una intervista del 2022 “Il rosso è una costante fin dall’inizio … il rosso crea un particolare tipo di oscurità, che è così fondamentale per me. E’ un colore della terra, scorre verso il basso, come il nero. Puoi metterlo a fuoco. I tuoi occhi lo possono vedere, a differenza del blu, in particolare il blu molto scuro, che non puoi vedere, su cui non puoi concentrarti. Ma il rosso crea una oscurità che per me è più scura di quella del nero e del blu. E questo perché non vediamo il colore solo con gli occhi, lo percepiamo psicologicamente e lo vediamo carico di pericoli”.

Ecco Allora “Endless Column” del 1992, grande colonna di un rosso vitale che sembra oltrepassare i limiti dello spazio fisico della stanza di Palazzo Strozzi, dando la sensazione che gran parte dell’oggetto sia nascosta, invisibile, penetrata nel pavimento fino alle viscere della terra ed innalzata al cielo dopo aver squarciato il soffitto.

Il rosso si ripete poi in compagnia del giallo in “To Riflect an Intimate Part of the Red” (1981), suggestivo insieme di forme di pigmento che emergono dal pavimento, quasi vi galleggiano nella loro fragilità dimostrando come il colore nella poetica di Anish Kapoor non sia solo materia o tonalità ma fenomeno immersivo.

Ancora il rosso, stavolta scuro e sanguigno, torna prepotente in un’altra stanza dove sono esposte forme fluide e viscerali che sembrano pulsare di vita propria come “Today You Will Be In Paradise” (Oggi sarai in Paradiso) o “Tongue Memory” (Ricordo della lingua) drammatiche intimità sventrate e devastate, che fanno compagnia a “A Blackish Fluid Excavation” (Scavo con fluido nerastro) del 2018, grande scultura in resina ed acciaio che evoca un incavo uterino contorto che attraversa lo spazio ed i sensi dello spettatore.

In altre stanze la sperimentazione tra tecniche e materiali torna prepotente in capolavori come “Newborn” del 2019 o “Vertigo” del 2006, opere specchianti che riflettono e deformano lo spazio e le persone, un gioco per certi versi crudele ma irresistibile in cui perdersi.

Il percorso espositivo si chiude con “Angel” del 1990, grandi pietre di ardesia tinte di blu di Prussia.

“Attraverso un processo emotivo, il pigmento blu non fa credere che questi pezzi pesino una tonnellata e mezzo” ha commentato in passato Kapoor “Lo scopo in questo caso consiste nel derubare l’oggetto del suo peso”, l’ardesia che si trasforma in pezzi di cielo”.

Scendendo le scale che portano fuori fino a Via Tornabuoni il pensiero torna al Vantablack, il pigmento che solo Anish Kapoor ha il privilegio di usare in campo artistico.

In Inghilterra vive e lavora Stuart Semple, un artista che non potendo usare il Vantablack ha creato il “PinK”, quasi per ripicca, una tonalità di rosa acquistabile online da chiunque purché prima dell'approvazione dell'acquisto, dichiari di: "non essere Anish Kapoor, non avere alcuna affiliazione a Anish Kapoor, non eseguire l'acquisto per conto di Anish Kapoor o un socio di Anish Kapoor."

Sicuramente il grande Anish Kapoor del PinK se ne infischia ma … “Chi la fa l’aspetti”, recita un vecchio adagio.

Marco Burchi
© Riproduzione riservata


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