Leonardo da Vinci avrebbe anticipato di oltre due secoli la tecnica giapponese della carbonizzazione superficiale del legno detta Shou Sugi Ban (o Yakisugi), documentata nel Paese del Sol Levante solo dal XVIII secolo.
La scoperta è avvenuta tra le pagine del Codice di Madrid II, conservato nella Biblioteca Nazionale di Spagna, dalle quali emersa una nota che potrebbe riscrivere la storia della tecnologia del legno. Sul foglio 87r, Leonardo annota: “Saranno meglio conservate se scortecciate e bruciate in superficie che in ogni altro modo.”
A portare alla luce questa intuizione sono stati tre studiosi italiani, Annalisa Di Maria, esperta d’arte rinascimentale, tra le massime autorità mondiali su Leonardo da Vinci e membro del gruppo di esperti di arte e letteratura del Club Unesco di Firenze.; Andrea da Montefeltro, biologo molecolare e scultore internazionale, noto per le sue ricerche comparate tra arte e scienza, anch'egli membro del Club Unesco di Firenze; e Lucica Bianchi, storica dell’arte e ricercatrice documentaria.
Nel Codice Madrid II, Leonardo analizza il legno in ogni sua dimensione, dalla scelta delle specie (rovere e castagno per la resistenza, frassino e tiglio per la flessibilità, ontano e salice per l’uso subacqueo), passando per la stagionatura naturale fino all'uso nel campo architettonico, della musica e dell'acustica. Oggi questa tecnica è tornata in auge grazie alla bioarchitettura, ma Leonardo l’aveva già intuita nel cuore del Rinascimento.
Gli studiosi escludono che Leonardo potesse conoscere pratiche giapponesi. "Tra il Quattrocento e il Cinquecento - spiegano- il Giappone era pressoché isolato e lo Yakisugi non era ancora documentato. La coincidenza è dunque straordinaria: due culture distanti, senza alcun contatto, hanno trovato la stessa soluzione tecnica a un problema comune. Un fenomeno noto come invenzione convergente".
Eppure gli studiosi si chiedono se gli scambi culturali avviati nel XVI secolo dai navigatori portoghesi e spagnoli possano aver portato tracce indirette delle idee di Leonardo in Oriente. "La riscoperta di questa annotazione - scrivono gli studiosi in una nota- non è solo una curiosità erudita. È una lezione di modernità. Dimostra che il pensiero di Leonardo, radicato nella tradizione toscana e proiettato nel futuro, continua a insegnarci che innovazione e memoria storica non sono opposti, ma alleati".