Attualità

L'esercito dei medici marcia sull'inceneritore

In 272 hanno firmato il documento che mette nero su bianco i rischi per la salute provocati dall'impianto previsto a Case Passerini

I medici no inceneritore

La galassia dei movimenti contrari alla costruzione dell'inceneritore di Firenze si ingrossa, mentre è ormai chiaro che proprio la questione dell'impianto si configura come il nodo attorno a cui si giocherà la partita del ballottaggio per decretare chi sarà il nuovo sindaco di Sesto Fiorentino tra il candidato Pd Lorenzo Zambini e quello di Sinistra Italiana Lorenzo Falchi.

Ora ad alzare la voce sono i medici, per l'esattezza 272 tra ospedalieri, universitari, professionisti, di base e pediatri. Tutti accomunati dall'idea, sviluppata in un documento, che i fumi emessi dal futuro impianto siano una fonte di inquinamento da scongiurare. Il tutto, dicono, nasce dal dovere imposto dal codice deontologico che impone loro di collaborare con le politiche di prevenzione. 

Quello che si dice nel documento, in sostanza, è che il nuovo impianto sparerà nell'atmosfera fumi tossici che potranno provocare patologie 'lievi' come allergie e disturbi respiratori, ma anche malattie più gravi come disturbi cardiocircolatori fino a tumori che nella piana, definita proprio per l'inquinamento una 'piccola pianura padana', superano già per incidenza la media nazionale. 

Nel progetto dell'inceneritore, spiegano i medici, "non si è tenuto conto della mancata reversibilità degli inquinanti  emessi, dato che la maggior parte di questi sono persistenti, non biodegradabili, bioaccumulabili come nel caso delle diossine, dei furani, dei Pcb, dei metalli pesanti. 

Intanto il coordinamento dei comitati della piana lancia anche l'allarme sugli ortaggi. "Nella piana - ha spiegato il medico Gian Luca Garetti - ci sono mediamente da un terzo alla metà dei giorni dell'anno senza vento, questo vuol dire che sostanzialmente tutto quello che viene emesso in area è ricadente sulla zona.  Le polveri sottili hanno poi la cattiva abitudine di concentrarsi nella catena alimentare. Per quanto si diluiscano, tendono poi a riconcentrarsi. E' un problema di tempo ma poi si riconcentrano. O si interviene su questo o dobbiamo dire che tutto quello che viene prodotto nella piana, di alimentare, non venga consumato più. Di fronte a un'ipotesi che ha fatto la Regione, di parco agricolo della piana - conclude Garetti- siamo in una contraddizione assoluta".