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Stabile occupato, i migranti non mollano

Nessuna disponibilità ad abbandonare l'immobile di proprietà dei gesuiti occupato dopo il rogo del capannone all'Osmannoro

In assenza di soluzioni "condivise e risolutive di un'emergenza che è già durata più di dieci anni" non c'è alcuna disponibilità a lasciare l'immobile di via Spaventa di proprietà dei gesuiti che il centinaio di migranti ha occupato pochi giorni dopo il terribile rogo nel capannone dell'ex Aiazzone all'Osmannoro. Nell'incendio, divampato nella notte tra il 10 e l'11 gennaio scorsi, morì il 44enne somali Ali Mousa. 

Il rifiuto di abbandonare lo stabile è stato affidato a una nota dall'assemblea dei rifiugiati in lotta e dal Movimento di lotta per la casa che fin dal principio si è schierato con i migranti. Per il portavoce del Movimento Luca Toscano "si sta facendo spazio l'ipotesi di uno sgombero per motivi di ''sicurezza''".

"Negli scorsi giorni la polizia si è presentata in via Spaventa con al seguito i vigili del fuoco, evidentemente alla ricerca di qualsiasi pretesto per legittimare uno sgombero ''umanitario'', in modo da presentare operazione finalizzata alla tutela degli occupanti stessi", si legge ancora nella nota, dove gli occupanti si dicono "disponibili, come dal primo momento, a sedersi ad un tavolo inter-istituzionale che elabori soluzioni reali al bisogno di casa e dignità di tutti gli abitanti di via Spaventa". 

Dura la posizione del Movimento nei confronti dei Gesuiti, proprietari dello stabile, che punterebbero a "uno sgombero che, dissimulato dietro motivazioni di ordine differente da quelle reali, non comprometta l'immagine pubblica dell'ordine religioso".