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Georgofili, bufera sui domiciliari per Riina

I familiari delle vittime sul piede di guerra dopo il pronunciamento della Cassazione sul diritto a una morte dignitosa per il capo di Cosa Nostra

Totò Riina

Neanche il tempo di chiudere le celebrazioni per il 25mo anniversario della strage del 1993 e di omaggiare la memoria della famiglia Nencioni e del giovane studente di architettura Dario Capolicchio che dalla Suprema Corte è arrivata la mazzata. La Cassazione, infatti, si è pronunciata sul diritto a morire dignitosamente anche per il boss ottantaseienne. 

A Firenze è stato come buttare benzina su una ferita ancora aperta e sanguinante. "Il pronunciamento della Cassazione sulla richiesta di Riina di andare a morire ai domiciliari ci lascia a dir poco basiti. Aspettiamo fiduciosi il pronunciamento del tribunale di sorveglianza di Bologna, un giudice ci sarà pure in questo Paese. Dopo di che per non essere presi in contropiede cominciamo a preparare gli striscioni". Queste le parole di Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, secondo cui "dignità, umanità, invocate dalla Corte di Cassazione per il macellaio di via dei Georgofili possono essere esercitate tranquillamente all'infermeria del carcere o in un ospedale attrezzato per il 41 bis".

E' proprio sulla scelta linguistica adottata dalla Cassazione, "diritto a una morte dignitosa" che l'Associazione non fa sconti. Quell'espressione, ha detto ancora Giovanna Maggiani Chelli, "la ritorniamo al mittente. Si può morire dignitosamente ovunque nelle mani di uno Stato, tranne in via dei Georgofili come è avvenuto il 27 maggio 1993 per Dario, Nadia, Caterina,Angela, Fabrizio e quanti ancora oggi spesso non possono condurre la vita che gli resta dignitosamente".