Attualità

Tutti chiusi per mancanza di turisti

Rimbalza in tutta Italia la serrata prolungata e silenziosa delle botteghe del Ponte Vecchio dove gli orafi sono oggi orfani del grande turismo

Riaprire il 18 Maggio sarebbe inutile senza il passaggio dei turisti, è l'amaro verdetto degli orafi fiorentini davanti alla seconda fase dell'emergenza che può dettare tempi e regole per l'apertura ma non può riportare gli sguardi del mondo sulle vetrine del Ponte Vecchio.

L'emblema della città d'arte vuota dei turisti è tutta in quei pochi passi che attraversano l'Arno all'ombra del Corridoio Vasariano sotto un cielo plumbeo che ha coperto gli Anni d'oro e l'Arno d'argento. Ponte Vecchio sembra la scenografia di un teatro chiuso, il set di un film che ha sospeso le riprese, un quadro prezioso dentro un museo chiuso. La serrata degli orafi con i pesanti chiavistelli alle vetrine getta Firenze in un tempo sospeso nell'incertezza.

"Ponte Vecchio e le sue botteghe, da sempre simbolo del suo patrimonio fiorentino in Italia e nel mondo resterà chiuso per assenza di risposte concrete alle esigenze del settore culturale, artistico, turistico. Le nostre botteghe sono nella storia. Noi imprenditori partiremo solo con progetti condivisi e sostenibili” così i manifesti che richiamano le antiche grida.

Il 22 Aprile la Presidente dell'Associazione Ponte Vecchio, Giuditta Biscioni, scrive una lettera rivolta al premier Conte, al governatore Rossi ed al sindaco Nardella perché "Per le botteghe del Ponte Vecchio non sarà scontato riaprire senza aiuti da parte delle Istituzioni".

Il 10 Marzo l’Associazione Ponte Vecchio annunciava la chiusura, visto l’evolversi della situazione sanitaria e il decreto che estendeva l’area rossa all'intera penisola, "ci adeguiamo con senso di responsabilità e dovere civico alle indicazioni fornite" .

Ma "Nel prendere una decisione così drastica - spiegavano gli orafi a Marzo - confidiamo che da parte del Governo vengano prese tutte le misure economiche immediate e necessarie a sostegno della categoria del commercio che è, oltre ogni ragionevole dubbio, colpita e affondata dall’emergenza sanitaria. Riteniamo che questo nostro segnale forte, determinato, unitario, debba scuotere le coscienze di tutti: lavoratori, fornitori, proprietari dei fondi e ogni categoria gravitante intorno al nostro settore. Senza questa coscienza civica nessun provvedimento governativo potrà sopperire al debito accumulato. Di fatto si tratta di un mese o più in cui non vi sarà economia circolante per nessuno". Sono passati 60 giorni.