Attualità

La dignità dei fiorentini in mezzo al dramma

Nella sua omelia in Santa Croce il cardinale Betori ha ricordato la prova di carattere dimostrata dalla città nei momenti tragici dell'alluvione

Giuseppe Betori

Una messa per ricordare le vittime che il disastro del 4 novembre 1966 si lasciò dietro, ma anche per ravvivare quel carattere forte di cui i fiorentini seppero dare prova nel momento drammatico dell'esondazione. Un carattere impetuoso come quello del fiume che attraversa Firenze e che da questo punto di vista tanto sembra somigliarle. 

A risollevare la città, ha detto Betori che fu anche angelo del fango, prima di tutto ci fu  "la fierezza e la dignità dei fiorentini, la loro volontà di non darla vinta alle acque limacciose, il coraggio di affrontare il futuro per difendere l'identità di questa città". 

I fiorentini "si strinsero l'un l'altro per il bene comune", ha ricordato l''arcivescovo. Un'unione riconosciuta a suo tempo anche da Papa Paolo VI che celebrò la messa della notte di Natale 1966 nella cattedrale di Santa Maria del Fiore: "Conosciamo le vostre virtù umane e civili, la vostra tempra fiorentina, vibrante d'intelligenza, di coraggio, di laboriosità, di senso acuto ed operante della realtà - disse Paolo VI - sono virtù queste, che, messe alla prova, insorgono, si affermano e si accrescono; non cedono". 

Betori ha poi ricordato che, nella gestione delle calamità naturali, "non c''è spazio per il fatalismo; c'è un invito a fare tutto ciò che si deve, senza ulteriori rinvii, per mettere in opera quanto può proteggere il nostro territorio".