Il suo nome, Marta, è l'acronimo di Marine robotic tool for archaeology. Il robot messo a punto dal Dipartimento di ingegneria industriale dell'Università di Firenze nasce, in effetti, per ricerche di archeologia subacquea. I suoi sensori acustici e ottici, spiega il direttore del Dipartimento Benedetto Allotta, "possono però essere vantaggiosamente utilizzati in molti altri contesti di interesse come, ad esempio, la biologia, il monitoraggio ambientale e le indagini geo-morfologiche''.
Proprio quello che Marta è chiamata a fare sul fondale dell'Arno, in corrispondenza del punto in cui si è aperta la voragine che il 25 maggio ha squarciato il lungarno Torrigiani.
La telecamera di bordo consentirà di acquisire immagini se la visibilità sarà adeguata, mentre il sonar frontale di scoperta permetterà di raccogliere informazioni circa lo stato del fondale anche in situazioni di scarsa visibilità.