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"I confini? Chiuderli fa male all'arte"

Il direttore degli Uffizi Schmidt presentando il progetto l'Sguardi dal mondo' ha ricordato che già le collezioni medicee nacquero grazie agli scambi

Il direttore degli Uffizi Eike Schmidt

Chiudere i confini e mettere barriere, tentazione che negli ultimi tempi si fa sempre più pressante, non farebbe bene all'arte ma più in generale all'identità stessa dell'Italia che da 2.500 anni "è un paese basato su pluri e multiculturalismo, c'erano già allora lingue diverse e culture diverse". Lo ha detto il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt presentando il progetto 'Sguardi dal mondo' che raccoglie i punti di vista, gli sguardi appunto, di persone provenienti da culture differenti sui capolavori custoditi nel museo. 

Schmidt ha anche aggiunto che "viene da ridere quando qualcuno dice di chiudere i confini per preservare l'identità: l'unico modo per l'Italia di preservare la sua identità è aprire di più i propri confini". Cosa che, ha ricordato ancora Schmidt, i Medici seppero fare già alla loro epoca grazie a "una visione globale dell'arte e dei libri che hanno collezionato, una visione non determinata dai confini, ma dall'apertura verso tutto il mondo. Non è abbastanza noto che alle Gallerie degli Uffizi abbiamo alcune delle opere più antiche, fra quelle documentate, dell'arte subsahariana. A Palazzo Pitti abbiamo alcuni elefanti intagliati della fine del ''400, arrivati qui a Firenze all''inizio del '500 come doni diplomatici. I Medici hanno costruito le loro collezioni in base al commercio e alla diplomazia, non alla guerra". 

Insomma, un monito o più semplicemente un suggerimento che arriva dal passato.