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Esaote parla cinese ma resta italiana

L'azienda leader nel settore degli apparecchi biomedicali è passata interamente in mani cinesi. Garantita la stabilità per le sedi di Firenze e Genova

Foto Facebook Fim Firenze Prato

Il perfezionamento del passaggio di Esaote in mani al cento per cento cinesi è avvenuto ieri. Sono stati gli stessi azionisti orientali, fin da subito, rassicurare sul futuro della società che produce apparecchiature biomedicali. "Non abbiamo nessuna intenzione di trasformare Esaote in una società cinese, vogliamo darle l'opportunità di essere sempre più internazionale e competitiva. Abbiamo visitato le realtà di Genova e Firenze e siamo consapevoli che non sono riproducibili in Cina. Rimarranno italiane, aumenteranno gli ordini e quindi la produzione e cresceranno anche le strutture". Queste le parole di Chen Jian e Xie Yufeng, rispettivamente vicepresidente di Yurwell e direttore di Wandong, e presidente e direttore di Wandong, cioè i rappresentanti del nuovo azionariato.  

Gli sforzi saranno concentrati in particolare su ricerca e sviluppo. Per i nuovi azionisti l'orizzonte è tutto orientale. E' in Cina, infatti, che sostengono ci siano le maggiori prospettive di espansione del fatturato, come ha spiegato il presidente di Esaote spa Paolo Monferino, riconfermato ai vertici come l'ad Karl-Heinz Lumpi. I numeri li ha snocciolati Xie Yufeng: "In Cina ci sono 1.500 strutture ospedaliere di primo livello, 14 mila di secondo e 50 mila di terzo nel settore pubblico e più o meno altrettante nel settore privato".