Attualità

Festa dell'Immacolata, celebrazioni in Cattedrale

Nel giorno dedicato all'Immacolata, il testo integrale dell'omelia pronunciata dal cardinale Giuseppe Betori nella cattedrale di Santa Maria del Fiore

La Madonna del Bigallo

Ecco il testo dell'omelia del cardinale Giuseppe Betori, vescovo di Firenze, pronunciata nel corso della messa officiata nella cattedrale di Santa Maria del Fiore:

"La parola di Dio che la liturgia della Chiesa propone nella solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria si è aperta con la pagina del libro della Genesi che va a concludere la narrazione con cui la rivelazione biblica motiva la presenza del male nella storia dell’umanità.

Nonostante che l’uomo tenti di rinviare a Dio stesso la responsabilità di questa presenza che corrode l’armonia dell’esistenza – «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero» (Gen 3,12) –, il racconto biblico segnala che è altrove che dobbiamo cercare le cause e le responsabilità che stanno all’origine del disordine che si è introdotto nella condizione umana, un disordine da cui nasce un turbamento tale da indurre l’uomo e la donna alla vergogna di sé. Se è vero che la storia è abitata da un potere maligno e seduttivo che si oppone al disegno di Dio, ma che al tempo stesso rende possibile sceglierlo nella libertà, ciascun essere umano entra con una propria decisione nell’accadere del male nel mondo. Il male è di fronte a noi come alternativa al bene che Dio ha pensato per le sue creature, ma esso non ci costringe: può sedurci ma non può obbligarci, e di fronte ad esso siamo chiamati ad esercitare responsabilmente la nostra libertà.

L’esercizio responsabile della libertà è il frutto di un processo formativo che percorre l’intera esistenza della persona e che ha un passaggio decisivo nell’età giovanile. La formazione di una coscienza responsabile deve essere una cura primaria delle agenzie educative e dell’intera società. Stando attenti a proporre soluzioni in cui possa esprimersi il naturale desiderio di miglioramento dei giovani e non proposte al ribasso, che non educhino ad affrontare con coraggio le sfide che la vita porrà loro di fronte.

Desta pertanto stupore e preoccupazione constatare che questo venga a volte disatteso, come accade quando, di fronte alla drammatica diffusione di malattie infettive legate principalmente a un uso incontrollato della sessualità, si pensa di intervenire non con campagne educative che promuovano comportamenti sessuali coscienziosi, favorendo cioè la stabilità e la fedeltà delle relazioni, bensì affidandosi alla logica della protezione strumentale, resa di facile accesso perché gratuita, che di fatto incentiva la promiscuità e i rapporti a rischio. Problematiche di questo genere vanno affrontate sotto il profilo di una scelta che, per essere davvero libera, deve essere informata e formata. Se, invece, alla fine il messaggio che passa è una soluzione facile, che si affida all’uso di strumenti e all’assenza di costi, ciò che resta in ombra è la persona, con le sue implicazioni affettive, psicologiche ed etiche.

Torniamo al racconto della Genesi per notare come la prospettiva del male non rappresenti allo sguardo di Dio l’ultima parola sulle vicende umane. All’aggressione del Maligno egli risponde con la promessa che dalla stirpe della donna verrà chi schiaccerà il male che insidia l’esistenza umana: «Il Signore Dio disse al serpente: “[…] Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno"» (Gen 3,14-15).

La tradizione della Chiesa ha chiamato questo passaggio biblico “protovangelo”, poiché, come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, «è il primo annunzio del Messia redentore, di una lotta tra il serpente e la Donna e della vittoria finale di un discendente di lei» (n. 410). In Gesù si compie questa profezia; da lui noi accogliamo il potere di vincere il male. Nella figura della donna la teologia cattolica ha poi visto l’immagine della Vergine Maria, colei da cui nasce il Messia vincitore del male. E in quanto Madre del Messia ella non può aver parte alcuna con il male, per cui già da questa pagina della Genesi si delinea il mistero della totale estraneità di Maria dal peccato, e questo fin dal suo concepimento.

Si tratta di un mistero che trova ulteriore luce nelle parole che abbiamo udito pronunciate dall’angelo Gabriele nel momento in cui incontra la giovane ragazza di Nazaret per rivelarle che Dio l’ha scelta come madre del proprio Figlio. Nel saluto che l’angelo rivolge a Maria risuona un’affermazione che completa quanto adombrato nel testo della Genesi: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Se l’invito a rallegrarsi evoca testi profetici che esortavano la città di Sion, il popolo di Dio, alla gioia messianica, all’esultanza per la venuta della salvezza nella persona del Messia, il nome di Maria, che avrebbe dovuto seguire l’esortazione, viene invece sostituito da un’espressione che ne definisce la condizione eccezionale che ella incarna. Maria non è semplicemente destinataria di un gesto di amore gratuito di Dio, ma è colma di tale amore, con una pienezza che esclude ogni pur fugace ombra di male. E questo da sempre, fin dal suo concepimento.

Ma ciò che appartiene a Maria da sempre – il dono di una pienezza di amore divino – è però anche il progetto che Dio, mediante il suo Figlio, ha come destino per tutti coloro che credono in lui. Lo ha ricordato l’apostolo Paolo nella lettera agli Efesini, parlando del disegno di Dio sulla storia: «In lui [in Cristo] ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà» (Ef 1,4-5).

È questo un progetto per l’intera umanità e sta a fondamento dell’apertura dei credenti verso gli altri, senza esclusioni. Di qui l’imperativo dato ai discepoli di Gesù di farsi prossimi a tutti, senza frontiere di provenienza etnica, culturale e religiosa, in quanto in tutti occorre riconoscere il volto di un fratello e una sorella chiamati a essere figli di Dio. Si tratta di uno sguardo di fede che deve aprirci a scelte che traducano nei fatti questo universalismo del cuore. Lo si chiede di fronte a una vita non nata, lo si dovrà chiedere di fronte a ogni persona umana in condizione di bisogno.

Come discepoli di Gesù non possiamo accettare passivamente che migliaia di persone, comprese famiglie e donne con bambini, che sono state accolte e inserite in un percorso di integrazione, ora vengano abbandonate e lasciate per strada senza nessuna prospettiva di futuro. Non dovremo lasciare nessuno senza un tetto e senza un pasto, senza un sostegno e una prospettiva di futuro.

Si tratta di uno sguardo che dovrebbe illuminare ogni coscienza umana, nella prospettiva della costruzione di una società più giusta, aperta e inclusiva, come peraltro delineata anche dai principi primi della nostra Carta costituzionale.

Infine, non posso chiudere questa omelia senza ricordare che oggi vengono proclamati beati quali martiri in Algeria il vescovo di Orano Pierre Claverie e diciotto religiosi e religiose, tra cui i sette monaci trappisti di Tibhirine, la cui storia è stata divulgata nel noto film Uomini di Dio, il cui sangue si mescolò a quello di decine di migliaia di musulmani, tutti vittime del terrorismo islamista. Risplende in questi martiri la forza luminosa della fede, per la quale i religiosi rifiutarono di rientrare in Francia, per continuare la loro missione di testimoni dell’Assoluto e dell’amicizia con la gente, la popolazione musulmana che non vollero abbandonare nel momento della prova. Un segno di fedeltà all’umanità che scaturiva dalla sequela di Cristo che spinge a prossimità e non teme la morte. Nel testamento spirituale del superiore dei monaci, p. Christian, si legge: «Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo Paese». Un amore senza frontiere, come è quello di Dio per l’intera umanità. Il sangue dei martiri ispiri la nostra fede in Dio e il nostro agire di ogni giorno verso i fratelli.

La Vergine Maria, che non ebbe timore di accogliere il mistero di Dio e dell’uomo nella propria esistenza, ci illumini per compiere passi che si pongano nell’orizzonte del disegno d’amore di Dio sulla storia".