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Contro le dipendenze in carcere si fa yoga

I penitenziari aprono le porte alla meditazione per aiutare i detenuti ad abbandonare le abitudini non salutari. Un lavoro da affiancare con il teatro

Se il primo approccio è utile a curare la mente, il secondo è fondamentale per il corpo e l'espressività. E proprio per rafforzare l'offerta dedicata al recupero dei detenuti tossicodipendenti, l'Asl fiorentina, insieme al Sert, hanno deciso di finanziare con 100mila euro l'anno questo progetto che permette l'ingresso all'interno dei penitenziari di un terapista, specializzato in meditazione, che affiancherà quelli di teatro, danza, musica etnica.

Il maestro di Yoga, come spiega l'Asl in una nota, insegna settimanalmente ad un gruppo di detenuti le tecniche di questa disciplina come pratica di consapevolezza e concentrazione, che sono alla base del concetto di trasformazione della mente.

Un esercizio utile a ridurre l'aggressività di chi ha contratto negli anni una dipendenza da alcol e droghe e che aiuta a rilassare il clima all'interno dell'intero penitenziario. 

A questo si affianca ad esempio il lavoro degli psicologi e dei medici, ma anche quello del così detto Teatro dell'Oppresso, ovvero un metodo che comprende differenti tecniche volte ad innescare un cambiamento personale, sociale e politico di chi si trova in situazioni di oppressione.