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Attualità venerdì 06 dicembre 2019 ore 11:35

Più botteghe in città ma la soluzione è un rebus

"servono i negozi di vicinato" questo il commento degli artigiani al piano per la sicurezza presentato dal sindaco con un decalogo di interventi



FIRENZE — Al piano sicurezza presentato ieri a Palazzo Vecchio dal sindaco Dario Nardella hanno replicato con l'esigenza di investire sul ritorno delle botteghe nelle strade della città. Sono gli artigiani fiorentini, diminuiti drasticamente sul territorio urbano, che hanno sposato il decalogo di interventi proposto da Nardella ma vedono l'obiettivo della sicurezza raggiungibile solo attraverso il ritorno dei negozi di vicinato. Già, ma con quale soluzione che non sia già stata tentata?

“Riportare la residenza in centro e, con essa, tutti quei negozi di vicinato e laboratori artigiani che le offrono servizi. Le botteghe, infatti, costituiscono per loro natura un presidio sociale del territorio, oltre a rappresentare l’unico modello che fa rimanere lo sviluppo economico ben ancorato al territorio: crea occupazione, offre servizi e prodotti che lo valorizzano distinguendosi per peculiari materiali e competenze caratteristici, fa economia reale” è quanto sostenuto da Giacomo Cioni, presidente di CNA Firenze Metropolitana che ha proposto di "individuare contenitori pubblici vuoti da convertire in private abitazioni, laboratori e negozi. Oppure ricorrendo ad interventi misti pubblico-privato con agevolazioni per i privati costruttori e vincolo di destinazione per parte degli immobili ristrutturati ad affitti calmierati, sia residenziali che commerciali".

La soluzione proposta da Luca Tonini, presidente CNA Città di Firenze, appare però una strada già tentata e finita in un vicolo cieco. Tonini chiede all'amministrazione "Un luogo, da individuare in un immobile pubblico centrale attualmente privo di destinazione, in cui a rotazione potrebbero esporre e vendere le loro opere i migliori artigiani del territorio fiorentino, dietro pagamento di un affitto a Palazzo Vecchio. Offrirebbe presenze stabili e quindi maggior controllo del territorio oltre a rispondere alla crescente richiesta di prodotti e servizi ben ideati e ben fatti, di qualità, personalizzati e personalizzabili, durevoli, belli, realizzati in modo sostenibile, tanto per l’ambiente che per la società” una soluzione già tentata in passato, ad esempio con gli Uffizi Center all'interno di un ex Cinema in piazza del Grano, alle spalle di Palazzo Vecchio. Ottima collocazione, grande qualità ma un fallimento totale.

Se la risposta fosse chiudersi all'interno dell'ennesimo contenitore, la risposta potrebbe essere sbagliata. Lo stesso Conventino nella zona di piazza Tasso, luogo di eccellenza artigianale, è stato fin troppe volte definito "una cattedrale nel deserto" perché fuori dai consueti circuiti turistici e chiuso dentro un'area delimitata. 

Servono allora più locali su strada? Quelle vetrine rimaste vuote e convertite in appartamenti, salvo poi imporre una stretta sui cambi di destinazione d'uso, ed oggi spente potrebbero tornare ad accendersi? I temporary store possono essere una rsiposta? Questa soluzione è stata adottata da alcune città italiane che tentando la carta della provvisorietà hanno dato spazio a giovani attività, piccole start up dell'artigianato che in alcuni casi hanno rilevato i locali aprendo in sede stabile.


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