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Lavoro sabato 15 giugno 2019 ore 12:21

​Cotto fiorentino, 900 posti persi in 10 anni

La Fillea Cgil Firenze ha lanciato una campagna di ascolto, proposta e confronto per combattere la lunga crisi industriale e rilanciare il settore



FIRENZE — Sono rimaste solo tre aziende per un comparto rappresentativo nel mondo. Negli ultimi 10 anni, i dipendenti sono passati da mille a meno di cento tra tagli, casse integrazioni e ritardi nei pagamenti degli stipendi. "La crisi del cotto industriale fiorentino è drammatica e il tempo sta per scadere" ha denunciato la Fillea Cgil di Firenze che propone di rilanciare il settore.

"La zona del Chianti fiorentino - ha spiegato il sindacato - è storicamente un territorio di eccellenze, contraddistinte da marchi di origine che hanno tutelato i beni prodotti e creato valore aggiunto alle produzioni. In 10 anni di crisi economica tutte queste eccellenze si sono salvaguardate: vino, turismo, ambiente, gastronomia e altro ancora. In questo territorio esiste un'altra eccellenza assoluta, che è il cotto fiorentino del Chianti. Da centinaia di anni in questo territorio si produce la terracotta con la quale il Brunelleschi ha realizzato la cupola del Duomo di Firenze. Da questo territorio si sono prodotte le terrecotte del Liberty italiano e le tipiche pavimentazioni fiorentine in cotto".

“L’attuale situazione delle industrie del cotto fiorentino del chianti si può definire drammatica, seppure con qualche realtà che ci dà fiducia e speranza - commenta Marco Carletti, segretario generale della Fillea Cgil di Firenze che aggiunge - Il lungo periodo della crisi ha depauperato questo territorio di un tessuto industriale importante al livello nazionale. L’importanza era data dalla materia prima con la quale viene prodotto il cotto. Meno commesse, meno investimenti, allungamento dei tempi di cantierizzazione, ricerca della compressione dei prezzi sono le cause del disastro che stimo vivendo nel settore delle costruzioni. In questo periodo, le aziende industriali del cotto fiorentino del Chianti hanno assistito immobili agli eventi, registrando chiusure, fallimenti, liquidazioni industriali. Le aziende sopravvissute hanno enormi difficoltà ad andare avanti e il prezzo maggiore lo pagano i dipendenti con casse integrazioni e ritardi abissali nel riscuotere gli stipendi. Per noi è giunto il momento di dire: basta, fermi tutti” .
Carletti conclude “Chiediamo con forza, e con la determinazione data dalla convinzione di essere nel giusto, che è giunto il momento di invertire la tendenza. Siamo stanchi di subire gli effetti di scelte non compiute da noi. I pochi imprenditori presenti nel territorio sono chiamati alla riscossa assumendosi le responsabilità. E’ giunto il momento di far ripartire il settore attraverso il lancio di idee, di investimenti, fare rete tra imprese, lavoratori, territorio e istituzioni. Dai prossimi giorni incontreremo le aziende, le istituzioni e il territorio per capire chi ha il coraggio di accettare la sfida per rilanciare questo settore. Investimenti, progettualità, sviluppo, territorio, conoscenza: saranno queste le nostre parole d’ordine”.


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